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Cossatese

Gian Piero Cola, memoria storica, ricorda la gioventù a Cossato

Originario del cantone Faina, in centro, a pochi passi da piazza Chiesa. Era un quartiere vivace, in cui abitavano tante famiglie e qualche personaggio

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Gian Piero Cola, 87 anni, ci porta a conoscere la città, passeggiando per le vie del centro di Cossato. Il ritrovo è in piazza Croce rossa, accanto al platano secolare, conosciuto come “l’albero con il nasone”, o “naso di mucca” per la sua forma.

«Quando eravamo bambini usavamo i buchi del tronco come scaletta per raggiungere i rami più alti, dai quali stavamo di vedetta – racconta – .Giocavamo piutun, a piedi scalzi, agli indiani e ai cowboy. Facevamo le frecce dell’arco con le bacchette dl’umbrella, dell’ombrello. Alle nostre spalle c’era la residenza della contessa Ranzoni con la sua dama di compagnia, la tota Tappe. Noi eravamo dei matascèt, dei ragazzini. Scesi dall’albero si andava a fare il bagno nello Strona tutti patanü, nudi, e bèlè fait. Nella zona della fabbrica dei Gaudino, c’era una lama, che chiamavano la diga. Ricordo che c’erano tanti pesci. Una volta nei paraggi abbiamo anche trovato una bomba a mano. Ero con il mio amico Adriano, che l’aveva presa per il manico, in legno, e l’aveva lanciata contro un muro, scoppiando. Tutte le schegge ci erano arrivate addosso. Lui era stato portato dal dottor Pandale».

Quella che oggi è piazza Cri, un tempo è stato prato con piante di gasüia, acacia o robinia. «A tagliare l’erba ci pensava il signor Badoglio – prosegue -. Era al pra dal Gal – il prato della famiglia Vittorio Gallo, titolari del lanificio -. Fra il palazzo Ranzoni e lo Strona passava la Strunëtta. Usciva dal torrente nei pressi dell’orto dell’Alfonso, sulla sinistra dell’attuale mercato coperto, nei pressi dell’officina dello Scalabrino. Le donne ci lavavano i panni e i Gallo, i cavagnat, un’altra famiglia, ci mettevano a mollo i rami di salice, ai gurìn, per farci poi le cavagne, le ceste. La Strunëtta proseguiva dietro alla chiesetta di San Rocco, che è poi diventata cinema “Grandi” e oggi è un gommista, passava sulla sinistra della casa, dove oggi c’è il bar, e finiva per rientrare nello Strona».

Parallela a piazza Cri s’incontra via Don Minzoni che, come dice Gian Piero, “porta an tal Cantun”. «Sopra al vutun, al voltone, presente ancora oggi in piazza Piave, abitava don Paschetto – prosegue -. Nel palazzo della contessa risiedevano anche il mezzadro, il Pinotto e l’Enrichetta, la famiglia Gallo, i cavagnat. Al piano superiore c’era il Giuliano che suonava il clarinetto. Dove c’è l’ingresso della biblioteca, c’era una casa in cui abitavano tre famiglie e uno sciavatìn, ciabattino. Al piano terreno c’era un altro vutun, voltone, in cui abitavano ai Gabinne, le quattro figlie del Gabin, l’Elda con il suo papà, il minusié, il falegname, e diverse altre famiglie. Ricordo la Fortunata, che era un vanto cossatese perché non veniva mai vecchia. Era nata il 29 febbraio. Oltre il vutun si finisce nel Cantun vero e proprio, detto “dal fuìn”, della faina. Sulla destra abitavo io. Vicino c’erano un pollaio e un fienile. Sul lato opposto c’era una cantina. Oltre abitava la famiglia Rondon, l’Angelo musicista. Ricordo poi un officina. Su via Marconi passava il treno. Dove oggi c’è la tipografia, a quei tempi c’erano alberi da frutto e venivano a rubare ai pumme e ai prüsse – le mele e le pere -. Accanto al mercato coperto c’è ancora una casa che ricordo di aver sempre visto lì. Dove sorge l’ex azienda Delpiano, c’era la chiesa di San Pietro. Nei paraggi c’era la segheria del Borio. Mi rimangono tanti ricordi, magari non sempre lucidi, ma mi fa piacere parlarne. An tal Cantun in cui sono cresciuto abitavano tante famiglie. Era un bel quartiere».

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