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Un grazie di cuore a quegli angeli che ti aiutano a volare in cielo

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La mia mamma è morta all’Hospice Orsa Maggiore di Biella. Non ce la porterò mai, mi dicevo  in tutti i mesi in cui l’ho accudita amorevolmente, ogni giorno e in ogni momento, sostenuta dal medico e dall’infermiere delle cure palliative che, ogni settimana venivano a casa.

La mia mamma è morta all’Hospice Orsa Maggiore di Biella. Non ce la porterò mai, mi dicevo  in tutti i mesi in cui l’ho accudita amorevolmente, ogni giorno e in ogni momento, sostenuta dal medico e dall’infermiere delle cure palliative che, ogni settimana venivano a casa. Ho dimenticato la fatica, la libertà, la serenità; il mio tempo era concentrato su di lei, la mia mamma. Divenuta “bimba”, la figlia che non avevo mai avuto . Un essere totalmente indifeso che dipendeva totalmente da me e mi colmava di abbracci e di sorrisi, quasi a ringraziarmi di esistere.

Ho pensato che avremmo potuto farcela, sempre e comunque, così, con quell’equilibrio di persona in bilico, su un filo di cristallo, ma capaci di restarci su quel filo. E invece no, la malattia continua per la sua strada e sradica equilibri, toglie lucidità, capacità di muoverti, di esprimersi. Di colpo quel corpo che accudivi con tanto amore diventa inerte e tu, non sei più in grado di farcela da sola.

Quel mattino  la crisi violenta, la corsa in ospedale con il 118 e il medico che mi consiglia il ricovero all’Hospice e mi dice “Vedrà che sarà meglio per la sua mamma, lì sarà accudita come lei vorrebbe e, potrà finalmente fare solo la figlia, mi creda”. Gli ho creduto. Siamo entrati all’Hospice e subito abbiamo trovato persone pronte ad accoglierci con il sorriso, con misericordia umana. I volontari meravigliosi si sono succeduti nei giorni a venire e, tra un racconto e un sorriso, hanno saputo un po’ più di noi, delle nostre vite, coccolandoci teneramente, entrambe malate di due mali diversi. Il personale infermieristico non ha eguali: in qualunque ospedale abbia frequentato non ho mai visto, tanta professionalità e competenza. Il tutto accompagnato dalla delicatezza dei gesti, da sorrisi, da carezze, non dati a caso, ma dedicati a quella vita, sacra, inviolabile, affidata a loro. Le dottoresse che hanno visto la mamma sono sempre state disponibili al colloquio e amorevoli verso di lei, chiamandola sempre per nome.

Durante le visite le mani che la sfioravano erano delicate e leggere, come ali di farfalla. La sua stanza rivolta verso il giardino lasciava entrare la luce del giorno in tutte le sue ore. Io ho potuto stare con lei, dormirle accanto , stringerle la mano e, guardarla per ore, come facevo a casa, per non dimenticarmi un solo istante del suo coraggio e della sua bellezza. Hanno sempre fatto in modo che non avvertisse dolore e che la sua vita, potesse spegnersi piano piano, dignitosamente, senza mai avvertire l’angoscia della morte.

E così dopo 9 giorni, piano piano quella mattina, il suo respiro “mamma” si è fatto lento e poi ancora di più fino ad esaurirsi. Io ero lì accanto a te che ti tenevo la mano e accarezzandoti ti dicevo: “Quanto bene voglio a questa mamma!”. Dalla finestra entrava il sole del mattino e i tulipani gialli sul davanzale ricordavano che era primavera. La mia mamma Caterina se ne è andata una mattina di marzo. Era all’Hospice, ma era a casa, con me vicino.

Con vera riconoscenza a tutto il personale medico, infermieristico e volontari dell’Hospice “Orsa Maggiore” Grazie.
Paola Cecchini

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