Attualità
Sparare ai cinghiali non è la soluzione del problema
Sparare ai cinghiali non risolve il problema del loro sovrannumero. E’ quanto scrivono alcune associazioni ambientaliste al presidente della Provincia Emanuele Ramella Pralungo.
Ecco parte del documento:
Nei giorni scorsi le associazioni hanno appreso dai giornali che la
Provincia di Biella sta attuando un nuovo “piano di contenimento dei cinghiali”, ancora una
volta senza coinvolgere effettivamente chi si occupa di ambiente e salvaguardia del territorio,
ma sempre discutendo esclusivamente con chi ha un interesse diretto ma improprio –
l’incremento di esercizio della propria passione – ovvero i cacciatori.
Il nuovo programma d’intervento – purtroppo – si limita al mero aggiornamento delle linee
guida che hanno istruito le precedenti e fallimentari azioni di contenimento. Il Presidente
della Provincia, l’avvocato E. Ramella Pralungo, paventa esclusivamente l’incremento delle
azioni di caccia, autorizzando, se necessario, anche l’operatività di squadre di cacciatori
provenienti da fuori provincia, ritenendo, purtroppo, che lo sterminio totale degli ungulati
sia l’unica e più efficace strada per risolvere il problema, ignorando le esperienze intraprese in
altri territori, i risultati (fallimentari) ottenuti con i piani di abbattimento e senza prendere in
considerazione le possibili tecniche “alternative” per il contenimento della fauna.
L’inefficacia e le conseguenze devastanti di questi metodi di azione sono invece noti ed
evidenti, anche nel biellese; ed è francamente improbabile che il Presidente della Provincia
non ne abbia conoscenza. Sfortunatamente i cacciatori anche nel biellese, cosi come a livello
nazionale, rappresentano un buon bacino di voti.
E’ facile cavalcare l’onda emotiva dell’opinione pubblica molto condizionata dalla cronaca –
sovente scandalistica, per ragioni di mercato – che dipinge i cinghiali come mostri alieni e
pericolosi.
Noi viceversa riteniamo che una pubblica amministrazione abbia il dovere di informarsi ed
informare correttamente:
? dovrebbe sapere e far sapere che la caccia è la prima vera causa della proliferazione
degli ungulati.
? dovrebbe comunicare all’opinione pubblica, studi scientifici alla mano, che la caccia, e
in particolare i piani d’abbattimento, non solo fanno aumentare la prolificità di questi
animali, ma sono anche responsabili dell’aumento degli sconfinamenti: infatti i
cinghiali, spinti dai cani fuori dalle aree boschive, invadono le strade e raggiungono
con più frequenza i centri abitati, causando gli incidenti puntualmente riportati dalle
cronache locali; risulta evidente, in quest’ottica, lo spostamento delle responsabilità di
tali episodi sulle battute di caccia (tali episodi, guarda caso, tendono ad aumentare
durante i periodi di caccia).
? Dovrebbe informare che le specie presenti sul territorio, sono un ibrido reso più
prolifico a scopo venatorio: qualcuno infatti li definisce porcastri.
Come dunque può essere considerata “soluzione” quanto, invece, va annoverato tra le “cause” ?
Perché, visti i precedenti e scarsi risultati, si decide di insistere nelle stesse “soluzioni” che in
realtà hanno ingrandito il problema?
L’emergenza serve semplicemente a imporre soluzioni….. che non sono soluzioni.
Il contenimento di questa specie va invece affrontato con serie analisi naturalistiche e
faunistiche, invitando ed ascoltando le associazioni che hanno a cuore, ed anche competenza,
nel campo della tutela dell’ambiente , del territorio e della fauna selvatica.
Ascoltare i soli cacciatori, con l’intenzione di accoglierne le aspettative, indica forse una
visione molto limitata nell’affrontare il problema, se non addirittura una precisa e volontaria
presa di posizione.
Sparare ai cinghiali non risolve il problema del loro sovrannumero. E’ quanto scrivono alcune associazioni ambientaliste al presidente della Provincia Emanuele Ramella Pralungo.
Ecco parte del documento:
Nei giorni scorsi le associazioni hanno appreso dai giornali che la
Provincia di Biella sta attuando un nuovo “piano di contenimento dei cinghiali”, ancora una
volta senza coinvolgere effettivamente chi si occupa di ambiente e salvaguardia del territorio,
ma sempre discutendo esclusivamente con chi ha un interesse diretto ma improprio –
l’incremento di esercizio della propria passione – ovvero i cacciatori.
Il nuovo programma d’intervento – purtroppo – si limita al mero aggiornamento delle linee
guida che hanno istruito le precedenti e fallimentari azioni di contenimento. Il Presidente
della Provincia, l’avvocato E. Ramella Pralungo, paventa esclusivamente l’incremento delle
azioni di caccia, autorizzando, se necessario, anche l’operatività di squadre di cacciatori
provenienti da fuori provincia, ritenendo, purtroppo, che lo sterminio totale degli ungulati
sia l’unica e più efficace strada per risolvere il problema, ignorando le esperienze intraprese in
altri territori, i risultati (fallimentari) ottenuti con i piani di abbattimento e senza prendere in
considerazione le possibili tecniche “alternative” per il contenimento della fauna.
L’inefficacia e le conseguenze devastanti di questi metodi di azione sono invece noti ed
evidenti, anche nel biellese; ed è francamente improbabile che il Presidente della Provincia
non ne abbia conoscenza. Sfortunatamente i cacciatori anche nel biellese, cosi come a livello
nazionale, rappresentano un buon bacino di voti.
E’ facile cavalcare l’onda emotiva dell’opinione pubblica molto condizionata dalla cronaca –
sovente scandalistica, per ragioni di mercato – che dipinge i cinghiali come mostri alieni e
pericolosi.
Noi viceversa riteniamo che una pubblica amministrazione abbia il dovere di informarsi ed
informare correttamente:
? dovrebbe sapere e far sapere che la caccia è la prima vera causa della proliferazione
degli ungulati.
? dovrebbe comunicare all’opinione pubblica, studi scientifici alla mano, che la caccia, e
in particolare i piani d’abbattimento, non solo fanno aumentare la prolificità di questi
animali, ma sono anche responsabili dell’aumento degli sconfinamenti: infatti i
cinghiali, spinti dai cani fuori dalle aree boschive, invadono le strade e raggiungono
con più frequenza i centri abitati, causando gli incidenti puntualmente riportati dalle
cronache locali; risulta evidente, in quest’ottica, lo spostamento delle responsabilità di
tali episodi sulle battute di caccia (tali episodi, guarda caso, tendono ad aumentare
durante i periodi di caccia).
? Dovrebbe informare che le specie presenti sul territorio, sono un ibrido reso più
prolifico a scopo venatorio: qualcuno infatti li definisce porcastri.
Come dunque può essere considerata “soluzione” quanto, invece, va annoverato tra le “cause” ?
Perché, visti i precedenti e scarsi risultati, si decide di insistere nelle stesse “soluzioni” che in
realtà hanno ingrandito il problema?
L’emergenza serve semplicemente a imporre soluzioni….. che non sono soluzioni.
Il contenimento di questa specie va invece affrontato con serie analisi naturalistiche e
faunistiche, invitando ed ascoltando le associazioni che hanno a cuore, ed anche competenza,
nel campo della tutela dell’ambiente , del territorio e della fauna selvatica.
Ascoltare i soli cacciatori, con l’intenzione di accoglierne le aspettative, indica forse una
visione molto limitata nell’affrontare il problema, se non addirittura una precisa e volontaria
presa di posizione.
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