Attualità
Se ne è andata la mia Amica geniale, che ha attraversato il Novecento
“La tua anima si è alzata per intraprendere l’unico viaggio senza bagagli, accompagnata dagli Affetti e dalla gratitudine che hai saputo suscitare su questa terra”
Se ne è andata la mia Amica geniale che ha attraversato il Novecento: era nata il 1 marzo di quasi un secolo fa, rimase figlia unica, cosa piuttosto rara a quei tempi. “La mia giovinezza me l’ha rovinata la guerra”: cinque lunghi anni di paure e sacrifici, ma aveva già conosciuto colui che sarebbe diventato suo marito, un bell’uomo, un bersagliere, con il quale condivise anni brevi, ma felici.
Lei amava raccontare, anzi far rivivere tempi lontani, che attraverso le sue parole diventavano il presente di un’Italia che, appena uscita da una guerra devastante, nutriva tante speranze ed era affamata di Vita e di libertà.
Ha amato molto il suo lavoro, che la metteva in contatto con tante persone: “Era una piccola scuola e si era come una grande famiglia. Mio marito era di carattere allegro e socievole, avevamo tanti amici, ci siamo molto divertiti, poi lui se ne è andato troppo presto ed io sono rimasta sola, ma non mi sono mai rinchiusa in un cerchio di aridità. Ho cercato di coltivare buone amicizie, leggevo molto, mi piaceva essere informata su tutto, ho sempre curato il mio abbigliamento, mani e capelli erano sempre in ordine, per rispetto a me stessa prima di tutto”.
La mia Amica era molto saggia, sapeva che l’atteggiamento giusto è quello del viaggiatore che torna a casa: quel treno si ferma in tante stazioni, sale e scende molta gente, a volte sono buoni incontri, altri si sciolgono in lacrime. L’ho salutata proprio il pomeriggio prima che giungesse a destinazione, sentivo già l’altoparlante annunciare la prossima stazione: Paradiso.
Con Lei ho condiviso tante cose, ho imparato a cucinare ricette speciali, a vestire colori e fantasie che venivano da lontano, ma soprattutto mi sono sentita amata, senza pregiudizi, accolta, anche nei momenti no, con un sorriso di quelli che per me erano gli occhi più belli del mondo e che sono rimasti intatti nella loro trasparenza.
Nella sua casa, affollata di oggetti antichi, rari e preziosi, che aveva scelto con cura e dei quali mi spiegava la lunga storia, regnava un ordine perfetto: buoni quadri alle pareti erano il ricordo di un’antica Amicizia. Spesso aleggiava il profumo degli squisiti biscotti, che solo lei sapeva rendere così speciali, e che donava con grande generosità.
Cara Amica Ti avevo promesso che non avrei scritto nulla, ma credo che una Persona come Te debba proprio essere salutata anche pubblicamente, perché sei stata davvero unica: eri la memoria storica della nostra Comunità. Come Elena Ferrante, la misteriosa autrice dell’Amica geniale, avevi scelto una ragionata solitudine, che poteva essere varcata solo da chi ti voleva bene: detestavi la querula curiosità fine a se stessa. Avevi tanti “talenti”, ma voglio ricordare solo una dote grandissima: sapevi chiedere scusa quando ti rendevi conto di aver fatto i “capricci”, anche loro mi mancheranno, perché non erano che le “punte” di un carattere intelligente e determinato.
Le tue belle mani non erano mai oziose: laboriosa e creativa negli ultimi anni con l’uncinetto hai realizzato decine di metri di quel pizzo candido con i ventaglietti che rendeva un qualsiasi strofinaccio elegante e raffinato. Quei doni preziosi, meticolosamente stirati e ripiegati, avvolti nella velina bianca, li “imboscavi” sotto la poltrona, con scritto sopra il nome di colui, o colei, al quale erano destinati: eri sempre attenta al dettaglio e alla cura dei particolari.
Sei nata e sei partita dallo stesso luogo, ed è stato come se si chiudesse un cerchio, avevi programmato tutto in modo preciso e scrupoloso: l’epigrafe, che sottolineava che volevi essere ricordata dalle persone che ti avevano voluto bene, l’elegante tailleur pantaloni con la camicetta di seta e il collier di perle, il vistoso anello, che scherzosamente chiamavi della regina Elisabetta, un cuscino di rose gialle, le tue preferite.
In questi ultimi otto mesi sei davvero passata per la cruna dell’ago, ma hai gustato di nuovo la gioia di essere in una famiglia, che ti ha accolta, curata ed amata. Mercoledì 2 giugno, festa della Repubblica, il campanile antico batteva i quattro rintocchi, ma tu l’ultimo non l’hai più ascoltato: la tua anima si è alzata per intraprendere l’unico viaggio senza bagagli, accompagnata dagli Affetti e dalla gratitudine che hai saputo suscitare su questa terra.
Grazie Amica mia, di lassù non dimenticarmi, e ricorda il nostro segnale segreto, nato leggendo il delicato epigramma di Eugenio Montale: “Avevamo studiato per l’aldilà / un fischio, un segno di riconoscimento. / Mi provo a modularlo nella speranza / che tutti siamo già morti senza saperlo”.
Piera
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