Attualità
Resistenza, sempre al fianco di chi lotta per la libertà. Noi siamo questo
Il discorso pronunciato oggi da Wilmer Ronzani, in occasione del 25 aprile a Sala Biellese, uno dei luoghi simbolo della Resistenza
Il Ruolo di Sala Biellese
Sala può essere considerata una piccola Repubblica della Resistenza: ospitò i comandi della V divisione e della 75^ brigata, la missione alleata Cherokee, arrivata sulla Serra il 17 novembre 1944; fu sede di radio Libertà, l’emittente partigiana che fu un modernissimo strumento di comunicazione clandestina, nata a Callabiana e poi trasferita qui a Sala; fu sede di un’infermeria partigiana, di vari distaccamenti e tra le sua case trovò la morte Pietro Camana, il comandante “Primula”, cui sarebbe stata intitolata l’ultima brigata garibaldina della Zona operativa Biellese, la 182^, i cui uomini, prevalentemente vercellesi, erano stanziati in questo territorio, come poco lontano da qui si trovava la Brigata di Giustizia e Libertà intitolata al colonnello Cattaneo.
Il ruolo svolto dalla missione britannica “Cherokee” fu fondamentale per la lotta di liberazione: basti accennare all’operazione organizzata il 26 dicembre 1944, nella zona di Baltigati di Soprana, quando 12 quadrimotori Liberator furono protagonisti del lancio che il comandante Alaistar Macdonald definì come l’operazione più importante mai fatta dai servizi inglesi sul territorio italiano, che rifornì di armi, esplosivi, indumenti, viveri e denaro le formazioni partigiane, consentendo loro di presentarsi equipaggiate a dovere sulla scena finale della guerra.
La caratterizzazione partigiana di questo territorio costituì però anche un fattore critico, perché qui si concentrarono le attenzioni e le conseguenti azioni di fascisti e tedeschi che nei primi giorni del 1945 svolsero incursioni sulla Serra, costringendo i partigiani, dopo alcuni scontri a fuoco, a organizzare azioni di sganciamento verso la pianura, il Canavese e la zona settentrionale della Serra. Episodi che furono il preludio all’operazione Hochland, decisa dal comando tedesco di Monza: un rastrellamento che coinvolse tutte l’area dall’Ossola ai laghi, alla Valsesia e al Biellese e che durò da gennaio a marzo del ‘45 con l’obiettivo di mantenere libere le vie di comunicazione fra Piemonte e Lombardia per il ritiro delle truppe italo-tedesche oltre il Ticino.
Il Biellese fu investito da questa operazione già dal 12 gennaio e i comandi partigiani furono costretti a rispondere con l’attuazione del piano OPE-52, un complesso e articolato piano operativo militare che portò i partigiani a predisporre una linea difensiva a protezione di Sala in cui erano impegnate, oltre alle formazioni partigiane ricordate, anche reparti della 76^ brigata, nata dal distaccamento Bixio, che fu poi inquadrata sotto il comando della zona valdostana ma che in buona parte era costituita da biellesi.
Il rastrellamento nazifascista sulla Serra partì il 1° febbraio 1945 da Ivrea, Salussola, Viverone e da Biella. Dopo gli scontri presso le postazioni difensive allestite dai partigiani, che ritardarono ma non fermarono i nazifascisti, nel pomeriggio iniziò su Sala il bombardamento dei mortai nazifascisti e in questo evento trovò la morte il parroco, don Giovanni Tarabolo, oltre al partigiano Primula.
L’obiettivo di protrarre lo scontro fino al calare della notte fu raggiunto: i partigiani, approfittando dell’oscurità, avviarono le operazioni di sganciamento, vanificando la manovra dei nemici che intendevano costringerli in una sacca: ne sarebbe conseguita probabilmente una strage di proporzioni inimmaginabili. Invece fra i partigiani trovò la morte il solo comandante “Primula”, colpito dalle schegge di un mortaio, e la battaglia di Sala si concluse preservando l’integrità del movimento partigiano, che pure sarebbe stata minacciata ancora più avanti, fino alla Liberazione.
La notizia della morte di Primula seminò incredulità e sconforto tra i suoi compagni: «Ci abbracciammo con muto dolore e con rabbia impotente – ricorda Natale Sasso “Saetta” – In quel momento tanto difficile piangemmo e ci sentimmo come tanti orfani».
Sala, “Paese della Resistenza”
Per questo Sala Biellese può essere considerata a pieno titolo un “Paese della Resistenza” e io desidero ringraziare il Sindaco Roberto Blotto e, prima di lui , e Amministrazioni Comunali che si sono succedute in tutti questi anni e l’Anpi per aver difeso ed essersi impegnati a far conoscere il valore della Guerra di Liberazione e del 25 Aprile, contro ogni tentativo di sminuire il significato e per essersi impegnati a trasmettere i valori della Resistenza.
Nella vostra Comunità il ricordo e la memoria di ciò che è stata la Resistenza sono più vivi che mai. È proprio per il ruolo che il movimento partigiano ebbe nel Biellese (e qui a Sala) che il Presidente Sandro Pertini nel 1980 decise di conferire al nostro territorio la medaglia d’oro al valor militare. Ricordo il giorno della consegna, avvenuta il 4 ottobre del 1981, in una piazza Martiri della Libertà gremita di persone; l’emozione sul volto dei partigiani e delle staffette quando Sandro Pertini, cioè uno di loro, diventato nel frattempo Presidente della Repubblica, appuntò la medaglia d’oro sul gonfalone del Comune di Biella.
La Resistenza rappresenta uno spartiacque nella storia d’Italia. Essa è stata resa possibile, in un primo tempo, dall’iniziativa di un gruppo di combattenti che hanno deciso di imbracciare le armi e di opporsi al fascismo, di reimpadronirsi del proprio destino e riscattare l’onore della Patria. Una scelta di campo, morale e politica, alla quale hanno contribuito forze che esprimevano un diverso orientamento ideale, culturale e politico: i comunisti, i socialisti, i cattolici, gli azionisti, i liberali e i monarchici.
Il valore della nostra Costituzione
La nostra Costituzione, che nella sua prima parte mantiene intatta la sua validità, è nata il 25 Aprile anche se venne promulgata nel dicembre del 1947. Essa reca in calce le firme di Enrico de Nicola, capo provvisorio dello Stato eletto dall’Assemblea costituente; di Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea costituente e di Alcide de Gasperi, capo del governo: un liberale, un comunista e un democristiano a conferma del forte carattere unitario che assunse la Lotta di Liberazione.
I suoi valori valori e i suoi principi dovrebbero rappresentare la bussola per qualsiasi democratico. Ci si potrebbe e ci si dovrebbe dividere tra destra e sinistra, sulle politiche che sono necessarie per risollevare il Paese, sulle riforme necessarie per modernizzarlo e per renderlo più giusto, ma non sul valore del 25 Aprile.
E invece perdura il tentativo di rimuovere dalla memoria e dalla coscienza collettiva del Paese il nesso che lega la lotta partigiana, alla Costituzione e alla Repubblica e di cancellare l’idea che la Liberazione dal nazismo e dal fascismo rappresenti l’atto fondativo dell’Italia democratica.
Assistiamo ad una strisciante riabilitazione del ruolo storico del fascismo nella nostra storia nazionale, alla mistificazione della Resistenza descritta come rissa, come scontro tra fazioni svolto davanti agli occhi di italiani indifferenti. La mistificazione dell’antifascismo come falso mito, come trucco alimentato per condizionare la vita politica del paese. Noi non dobbiamo sottovalutare il veleno lento che c’è in queste idee.
In questo modo non si offende soltanto la memoria di quei giovani che sono morti per restituirci la liberta e si nega la verità storica, ma si compie una operazione di revisionismo (storico) inaccettabile, mettendo sullo stesso piano vittime e carnefici. (Ho più volte provato ad immedesimarmi nello stato d’animo, nel profondo senso di ingiustizia e nella sofferenza che devono aver provato i protagonisti della Guerra di Liberazione di fronte ai reiterati tentativi di mettere sullo stesso piano partigiani e fascisti. Mi ha sempre colpito il loro atteggiamento di grande umiltà, molto lontano dalla prosopopea dei nostri tempi, la semplicità del loro linguaggio, la loro dignità, l’orgoglio e la consapevolezza di aver compiuto la scelta giusta).
Ecco perché è sempre attuale l’obbiettivo di difendere la Carta Costituzionale e di riaffermare il valore della cultura dell’antifascismo.
La Costituzione e la Repubblica si difendono contrastando ogni forma di negazionismo, conducendo nei confronti di queste posizioni una battaglia culturale, raccontando e insegnando ai più giovani ( come hanno fatto con noi i nostri genitori) cosa sono stati il nazismo e il fascismo e contrastando il diffondersi di posizione filofasciste, filonaziste e razziste.
La Repubblica si difende attuando lo spirito e la lettera della Costituzione; le istituzioni democratiche si difendono svolgendo un’azione di prevenzione e di contrasto nei confronti di chi inneggia al nazismo e al fascismo; lo Stato democratico si difende governando con onestà e in maniera trasparente, eliminando le diseguaglianze e assicurando un avvenire diverso alle giovani generazioni che rappresentano le classi dirigenti di domani e il futuro del Paese.
L’Italia è chiamata a far fronte a sfide impegnative e difficili; in parte rappresentano il lascito pesante e drammatico di due anni di pandemia che ha devastato la vita delle persone, delle famiglie e delle imprese; in parte sono la conseguenza dei gravi conflitti e delle gravi turbolenze turbolenze che hanno fatto precipitare la situazione internazionale e aperto nuovi scenari di guerra. Due crisi che minacciano il nostro futuro. Come ci ha più volte ricordato il Presidente Mattarella sono sfide che richiedono una comune assunzione di responsabilità e un forte ancoraggio ai valori della nostra Costituzione.
Pensate se tutte le nazioni del mondo avessero una Costituzione come la nostra, a proposito di un nuovo ordine internazionale dichiara: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e consente alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni”. In queste parole non c’è solo un no alla guerra, alla violenza. C’è anche l’indicazione di un’altra soluzione. Un mondo che ripudia la guerra è un mondo che deve trovare un altro modo di governarsi, di rispondere alle crisi. Con istituzioni sovranazionali alle quali cedere sovranità, con un diritto internazionale riconosciuto e tale da legittimare l’uso della forza quando questa è necessaria contro il sopruso e per tutelare la vita e i diritti degli uomini. Questo fu scritto dai nostri padri mentre il mondo si divideva in blocchi: loro guardavano davvero molto più avanti del loro tempo.
L’art. 11 della nostra Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà, ma non nega ai popoli che sono vittime di una aggressione il diritto di usare la forza per difendere la propria libertà, la propria indipendenza e il proprio diritto all’autodeterminazione; né tantomeno i nostri doveri di solidarietà con chi è stato aggredito. Appellarsi alla pace non può voler dire piegarsi alle prepotenza ha detto in queste ore il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
E’ stato proprio Sandro Pertini, il Presidente partigiano, a dichiarare ” Io sono orgoglioso di essere cittadino italiano, ma mi sento anche cittadino del mondo, sicché quando un uomo in un angolo della terra lotta per la sua libertà ed è perseguitato perché vuole restare un uomo libero, io sono al suo fianco con tutta la mia solidarietà di cittadino del mondo.“
Ecco noi siamo questo, la Resistenza e la Costituzione italiana sono questo; chi combatte per la propria libertà deve essere aiutato, esattamente come i nostri alleati aiutarono le formazioni partigiane.
Le stragi di Bucha, di Irpin, di Makariv richiamano alla nostra memoria quelle compiute dai nazifascisti alle Fosse Ardeatine, a Marzabotto e a Sant’Anna di Stazzema.
Per questa ragione noi abbiamo il dovere sostenere la resistenza del popolo ucraino. Non possiamo essere equidistanti: in questo conflitto esistono un aggressore e un aggredito.
Contemporaneamente però non dobbiamo stancarci di chiedere alla Comunità Internazionale di adoperarsi perché si giunga ad un cessate il fuoco e affinché le parti oggi in conflitto, attraverso un negoziato vero, raggiungano un accordo, un compromesso rispettoso della necessità di garantire l’integrita’ territoriale dell’Ucraina,la pace e un nuovo sistema di sicurezza in cui possano rivonoscersi e sentirsi sicuri l’Europa e la stessa Russia; perché a prevalere siano non già la volontà di dominio di qualcuno ma l’impegno di tutti a costruire un nuovo ordine mondiale fondato sulla pace, la sicurezza, la cooperazione internazionale e un nuovo sviluppo. In queste ore guardiamo con fiducia all’iniziativa del Segretario generale dell’ ONU Guterres e ci auguriamo che possa favorire il cessate il fuoco e l’avvio di un vero negoziato.
Questo è il nostro convincimento e il nostro appello. È l’appello dei cittadini e dei democratici di un Paese che ha pagato a caro prezzo la riconquista della propria libertà e che oggi nella giornata del 25 Aprile, (i quali ) mentre rendono omaggio al sacrificio di coloro che hanno perso la vita per consentirci di vivere in un Paese libero, rinnovano il loro impegno a difendere e a rinnovare la Repubblica, nata dalla Resistenza perché da quel 25 Aprile non sia possibile tornare indietro.
W il 25 Aprile, W la Costituzione W la Repubblica.
Wilmer Ronzani
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