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Quel campo giochi di Tollegno

Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio

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Fonzarelli di provincia

Già da qualche anno, in Italia ma mica solo, è attiva, e reattiva, la discussione sui “Beni Comuni” e sulla loro definizione, base fondamentale per permetterne un’analisi più organica e funzionale. Si discute anche di “Benessere di Comunità”, che in qualche modo ci ha a che fare, anche se in una modalità non precisamente esclusiva essendo più affine a logiche di welfare. Alle quali nemmeno i Beni Comuni si sottraggono secondo altra declinazione: come vedete, la discussione può essere ampia e articolata.

Se voliamo alto, sono definibili Beni (e servizi) Comuni i beni ambientali: l’aria, la terra, i parchi, i fiumi, l’acqua, e poi la salute. Quindi, a seguire: la sanità e gran parte dei servizi di welfare, l’istruzione e il patrimonio artistico-culturale. Una definizione che mi sembra interessante e si ritrova in qualche disegno di legge, è questa: “Cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona”.

Questo se ne diamo una lettura macro, dall’alto del nostro volo, appunto. Se invece torniamo a livello del suolo e rimpiccioliamo quel macrocosmo di parole fino a ridurlo a un microcosmo di fatti, basta guardarci intorno per capire meglio e meglio definire il nostro concetto di Bene Comune e, perché no dato che ci siamo, di Benessere di comunità. Se superiamo lo scoglio della dicotomia tra “pubblico” e “privato”, termini utili al diritto, ci possiamo rendere conto di quanti beni possano essere comuni: di tutti, non solo nel senso esclusivo della proprietà, ma dell’utilizzo quotidiano e della gestione. Per stringere ancora di più l’immagine, capita di vedere che, tra gli sbiellamenti locali di ogni ordine e grado, ce n’è uno piccolo all’apparenza, ma che merita ben più di una riflessione.

A Tollegno, l’amministrazione comunale sarà costretta, entro la fine del prossimo anno, a smantellare un campo gioco per i giovani. Costretta da controversie legali, intendo. Il campo gioco, un angolo del giardino pubblico che ospita anche i giochi per i bimbi in un’area centrale del paese storicamente dedicata all’attività ludica di piccoli e adolescenti, dava la possibilità di fare qualche tiro a canestro e di simulare una partitella di calcetto (non essendo campo regolamentare né per l’uno né per l’altro) a ragazzi che ne avessero voglia, o che avessero comunque voglia di passare del tempo insieme.

È costretta a smantellarlo dopo una lunga vertenza legale alla quale è seguita una sentenza sfavorevole e alla quale continuare a opporsi significherebbe un ulteriore salasso in spese legali per le casse comunali. Una causa civile intentata da una famiglia residente in una casetta adiacente al campetto, propugnata a suon di certificati medici che suppongo attestanti danni biologici ed esistenziali (comuni, ahimè, ad altre sentenze in giro per quest’Italia strana, spesso stranita) sempre difficili da individuare e quantificare.

C’è da chiedersi quale sia, e dove sia, il confine tra interesse privato e interesse comune. Un’amministrazione costretta a distruggere un Bene Comune, utile al Benessere di Comunità, da una famiglia insofferente. A poco è valso lo sforzo, nel tempo, di regolarizzarne l’afflusso mediante orari limitati d’apertura e con tutti i possibili provvedimenti necessari a limitare il presunto danno. Con il triste risultato che il campetto è già inattivo da qualche anno.

Un Bene Comune considerato, da quella famiglia, un avamposto nemico e non un possibile veicolo di Benessere della comunità di cui la stessa famiglia fa, almeno formalmente, parte. Una comunità che si ritrova così, giusto per usare una metafora popolare, becca e mazziata: smantellamento del campetto e un risarcimento di oltre 5mila euro alla famiglia, oltre alle spese legali sostenute e al costo per la realizzazione sostenuto una decina d’anni fa (circa 80mila euro). Denari della comunità gettati al vento.

Poi abbiamo un bel dire, con sprezzo dei luoghi comuni più beceri, che i giovani non s’incontrano più e si perdono dentro ai social network e ai loro cellulari, così come una volta si perdevano davanti alla tv o ai videogame. La nostra, anzi mi si permetta, la loro intolleranza è devastante nei confronti della comunità in cui vivono, probabilmente, a questo punto, loro malgrado. Bene Comune? Chissenefrega, l’interesse privato innanzi tutto.

Segno dei tempi? Può essere. L’individualismo ha preso il sopravvento sulla prossimità e su quel senso di solidarietà che era il welfare più sincero e utile alle piccole comunità. Capita in un paese, il mio, in cui il campo da calcio (da calciotto direbbero adesso) stava sotto alle finestre della locale casa di riposo. Che gioia quei pomeriggi e quei tornei notturni estivi con gli anziani affacciati alle finestre a godersi la vita che andava avanti.

Auguro un buon agosto, ci rileggiamo a settembre.

Lele Ghisio

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