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«Per ogni persona che se ne andava, altre due arrivavano: al Pronto non c’era più un lettino libero, questa è la verità»

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BIELLA – «Al pronto soccorso “tutto tranquillo”? Io purtroppo ci sono stato e ho visto ben altro: per un paziente che portavano via, altri due ne arrivavano. Così per tutto il giorno».

Non basta un giro in macchina fuori dall’ospedale per comprendere davvero cosa sta succedendo al suo interno. E a dirlo non sono soltanto medici, infermieri e operatori socio-sanitari, ma anche gli stessi pazienti che vi hanno avuto accesso. Come Pietro Lecca, 53 anni, uno dei tanti biellesi che hanno avuto bisogno della struttura sanitaria di Ponderano avendo contratto il Covid-19.

«Dopo tre giorni di dolori ovunque e mal di testa insopportabile – racconta -, il mio medico mi ha detto di andare al pronto soccorso, visti anche i miei precedenti problemi di cuore. E lì ho scoperto di essere positivo. E’ successo circa una settimana fa, ma la situazione, a vederla da semplice paziente, era già preoccupante».

In un primo momento anche lui ha pensato che forse, in realtà, il quadro generale all’ospedale fosse meno complicato di quanto si legge, ma ben presto ha avuto modo di cambiare idea: «Sono arrivato intorno alle 8,30 – spiega – e in effetti sembrava esserci poca gente, ho anche trovato parcheggio facilmente. Subito ho pensato che potesse essere mezzo vuoto, ma una volta dentro mi è subito passata la fantasia. Nel giro di un’oretta il pronto soccorso si è riempito completamente. Solo lì ci saranno stati sei o sette lettini con persone attaccate all’ossigeno».

Con il passare delle ore la situazione non è migliorata: «Sono stato visitato una prima volta intorno alle 11,30 – continua -, ma tra lastra al torace, tampone e attesa degli esiti, sono dovuto rimanere lì fino alla sera. Ho quindi avuto modo di vedere con i miei occhi il pronto soccorso riempirsi sempre di più nel corso della giornata: una persona la portavano via e ne arrivavano altre due. Quasi tutti avevano la febbre, non sentivano gusti e odori ed erano in attesa di fare il tampone. Una donna addirittura era venuta da Serravalle, perché a Borgosesia non c’era più posto. E in tutto ciò il personale correva da una parte all’altra ogni momento cercando di stare dietro a tutti».

Quando poi si è spostato per sottoporsi alla radiografia, non ha trovato una situazione migliore: «Lungo il corridoio – continua a raccontare – ho visto una dozzina di letti, erano tutti pazienti Covid-19. Ho sentito dire che alcuni dovevano essere trasferiti a Tortona».

Per questo, quando gli si chiede se in base alla sua esperienza il pronto soccorso sia davvero così sotto pressione come si dice, conferma e fa un esempio per rendere meglio l’idea: «Mentre ero dentro, mi sono state fatte tre flebo, perché stavo veramente male, ma ho trascorso tutto il tempo su una sedia. Sa perché? Perché c’era così tanta gente che i lettini erano tutti occupati. Non c’era più posto da nessuna parte».

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1 Commento

1 Commento

  1. Giovanni

    14 Novembre 2020 at 6:43

    Tra malati immaginari e gente con l’influenza (chi se la ricorda??) è ovvio che i PS siano pieni! Lo erano anche in passato. Ma mentre negli anni passati consigliavamo di stare a casa e aspettare che l’influenza finisca, oggi, per regolamento, ci obbligano a fare tamponi e tenere dentro persone che prima avremmo dimesso nel giro di mezzora.

    PS pieni? Si, ma solo a causa di procedure assurde. SVEGLIA!

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