Attualità
Migranti in corteo fino alla questura, ma non era una protesta
Non c’erano né striscioni né bandiere e nessuno intonava canti o slogan. Per quanto insolita fosse la scena, i migranti che stamattina hanno attraversato la città in corteo non stavano protestando. Più semplicemente hanno deciso di andare a chiedere chiarimenti in questura e lo hanno fatto in tanti, circa venti o trenta persone. Un “dettaglio” che non li ha fatti passare inosservati e che ha spinto le forze dell’ordine a scortarli fino all’arrivo in questura.
Non c’erano né striscioni né bandiere e nessuno intonava canti o slogan. Per quanto insolita fosse la scena, i migranti che stamattina hanno attraversato la città in corteo non stavano manifestando. Più semplicemente avevano deciso di andare a chiedere chiarimenti in questura e lo hanno fatto in tanti, circa venti persone. Un “dettaglio” che non li ha fatti passare inosservati e che ha spinto le forze dell’ordine a scortarli fino all’arrivo in questura.
A scatenare la “lunga marcia” – da Occhieppo al centro della città – è stato il rifiuto di concedere il permesso umanitario a un paio di loro. La notizia si è sparsa in fretta e molti degli ospiti del centro d’accoglienza occhieppese hanno temuto che la decisione potesse riguardare tutti.
A spiegarlo è Roberta Mo, referente del consorzio Il Filo da Tessere: “Quando si è diffusa la notizia del respingimento di due ricorsi da parte del tribunale di Torino (una decisione ancora appellabile, ndr) – chiarisce -, alcuni di loro hanno iniziato a preoccuparsi. Per questa ragione sono andati in questura, allo scopo di ottenere informazioni. Poi sono tornati in struttura e hanno avuto un ulteriore incontro chiarificatore con il legale che segue le pratiche e la situazione è rientrata”.
Il quadro in effetti non è di semplice comprensione, anche perché è differente per ognuno di loro: “Si tratta di persone in uno stato di fragilità – continua Mo – che temono per il proprio futuro. Sono richiedenti asilo, ma non è detto che tutti lo ottengano, la commissione territoriale valuta le loro situazioni singolarmente”. E in tempi diversi. Chi è arrivato a marzo, ad esempio, ha già affrontato la commissione e ottenuto una prima risposta, chi è qui da agosto dovrà invece attendere fino a marzo.
“L’iter e i tempi – conferma Roberta Mo – sono lunghi e diversi, così come le risposte. Il diritto alla protezione viene concesso non solo sulla base dell’area di provenienza, ma anche a seconda della storia personale di ciascuno”.
Per il momento a ricevere i primi “verdetti”, positivi o negativi, sono stati solo alcuni cittadini del Mali (una guerra sta devastando il nord del Paese), ma le 74 persone attualmente in carico alla cooperativa Il Filo da Tessere sono di nazionalità diverse e provengono anche da Nigeria, Pakistan, Gambia, Senegal, Ghana, Bangladesh e Sierra Leone.
m. f.
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