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Letterina di Natale

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Ogni anno fingo indifferenza. Almeno fino a quando – e quest’anno è già successo – qualcuno mi si avvicina per parlarmi e poi chiude la conversazione con un bel: “se non ci vediamo più, Buon Natale”. Tutto con le maiuscole dell’enfasi natalizia che scorre lungo le vie dell’ipocrisia che tracima in pieno centro cittadino. Da quel momento la mia indifferenza si trasforma in insofferenza. Tranquilli: questo siparietto autobiografico era solo propedeutico alla presa d’atto che, oltre a quel saluto che è ormai tradizione, sono partite le prime letterine di Natale. Una di queste ha persino un numero di protocollo che fa così: 85/vc/lfu 25.11.2019. In una settimana in cui le agenzie nazionali non hanno fatto altro che battere la novità della nostra inadeguatezza e quella della nostra amministrazione, eccoci pronti alla nuova ribalta nazionale per la letterina di Natale che un’assessora regionale tutta biellese (in quota fratelli e sorelle d’Italia e che nessuno di noi ha votato, questo va detto perché parecchio di moda) ha spedito a tutti i dirigenti scolastici piemontesi.

L’ha fatto perché la scuola piemontese, a quanto pare, ha un’evidente emergenza: quella di valorizzare, per decreto assessorile, ogni iniziativa come l’allestimento di presepi, alberi di Natale e lo svolgimento di recite o canti legati al tema della Natività. E l’ha fatto in un periodo in cui lo stesso Consiglio regionale – di cui altri due biellesi fanno parte in quota Lega Salvini – discute con se stesso su “difesa, rispetto e salvaguardia dell’importanza del Crocifisso” in aula consiliare.

Tutto alla faccia della laicità di scuole e istituzioni e a favore della tradizione, di cui è ormai altrettantemente tradizione farne elemento di propaganda, meglio se natalizia. Scusate l’avverbio, ma che ci vogliamo fare: la politica è questa cosa qua e noi ci adeguiamo senza più distinguere la realtà dalla sua parodia. Assieme alle luminarie e alle palle di Natale, ogni anno arriva pure il momento di rispolverare la tradizione per rivendicarla politicamente.

A dire il vero, la letterina tenta pure il ragionamento sul filo del politicamente corretto, spacciando questa rivendicazione come “piena integrazione per chi proviene da altre realtà”. Subdolo, no? Ma così è, se ci pare.

È toccato però, qualche giorno fa a Torino, alla Fondazione Agnelli di fare il punto sulla tradizione italiana della mancata manutenzione degli edifici scolastici: “Il mattone scolastico, che ha conosciuto la sua crescita negli anni 60-70 sull’onda del baby boom al ritmo di 800 scuole costruite all’anno, non si è adeguato. Il punto di partenza del rapporto, che uscirà con Laterza a gennaio, sta nell’epoca di costruzione delle scuole. L’età media delle strutture salta agli occhi: 52 anni, con una forbice che va dai 42 in Calabria e Molise ai 75 in Liguria (seguita dal Piemonte: 64 anni). Le conseguenze, sono quelle note dai tristi fatti di cronaca.”

Già lo scorso anno Legambiente e Cittadinanzattiva nei loro dossier avevano censito un crollo ogni tre giorni di lezione. Ma noi abbiamo assessori regionali all’istruzione che fanno parlare della nostra città le agenzie di stampa, grazie al loro amore per la tradizione e alla magia del Natale. Tutto il resto è noia.

Lele Ghisio

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