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Le esperienze vissute non svaniscono

Fra le righe, la rubrica di Enrico Neiretti

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Ci sono storie ed esperienze che sembrano consegnate ad uno spazio in cui la memoria è labile, il ricordo è sbiadito e le sensazioni legate a quel tempo là non riaffiorano. Pare che quel vissuto sia ancorato ad un tempo davvero andato, e non ci si pensa nemmeno più.

Capita magari di lambire quei ricordi come meri riferimenti cronologici, mentre si fanno altri esercizi di memoria del passato. I ricordi che affiorano, un po’ confusi, sono simili ad incontri casuali, un po’ come quando si rovescia una vecchia scatola di fotografie su un tavolo e si rovista alla rinfusa tra quei vecchi segni di un tempo che è stato.

Ma poi capita di soffermarsi su una fotografia in particolare, e di ritrovare, quasi per incanto, un legame profondo con il momento o con la situazione in cui è stata scattata: allora il ricordo si fa vivido, nitido, così definito che sembra quasi di poterlo toccare.

Mi è successo qualcosa di simile qualche settimana fa, guardando su una pagina di giornale una fotografia che mi coinvolge da vicino: ci sono mio padre, mio fratello e mio nipote con indosso i costumi della Passione di Sordevolo. La cosa curiosa è che tutti e tre hanno interpretato, in momenti diversi e in differenti contesti, la figura di Giuda.

Mi si perdonerà la piccola digressione famigliare, ma questa fotografia mi ha riportato immediatamente dentro ad un’esperienza vissuta, al tempo in cui anch’io partecipavo alla Passione, l’ultima volta ormai trent’anni fa. Davvero un altro tempo, un altro mondo, un altro me stesso.
Pensavo che quel tempo fosse ormai archiviato, pensavo che la densità della vita avesse non soltanto coperto quei momenti con una pesante patina di oblio, ma che avesse addirittura fatto di me una persona totalmente diversa, persino un estraneo rispetto a quel ragazzo là.
E invece è bastata una foto, potentissima nel mostrare la forza dei legami nel tempo, a riportare alla mia mente ricordi, immagini, voci, persino rumori e odori di quelle estati del passato.

Mi sono ritrovato in quel 1992 con tutti i dubbi, i pensieri, i desideri di fuga dei miei ventun anni, mi sono ritrovato nel 1985 nel pieno della voglia di libertà e di esperienza, mi sono ritrovato nel 1980 con il mio sguardo timido e confuso sulle cose. E così sono ruzzolato fino al 1975, un tempo di cui non ho ricordo -avevo quattro anni- ma del quale c’è una fotografia, una sola, io con una piccola tunica ed un nastro sulla fronte prima di partecipare alla mia prima Passione.

Ecco, le esperienze vissute non svaniscono: capita di accantonarne il ricordo perché la vita prende altre direzioni. A volte il passato è un fardello di cui ci si vuole liberare, altre volte il carico degli eventi è così consistente che non si vede più ciò che sta sotto. Ma poi, quando l’urgenza del presente decanta, i segni del passato riaffiorano e disegnano una traiettoria di vita spesso confortante.

Ah, sono poi andato a vederla la Passione, una sera di qualche settimana fa. Era una serata di tempo incerto, il vento sferzava gli alberi, durante la scena della crocifissione i lampi di un temporale illuminavano il cielo all’orizzonte, proprio dietro al Calvario, proprio dietro le croci.
Quando lo spettacolo è finito è scesa una pioggia forte forte, una di quelle che la guardi cadere attraverso le luci e vedi tante righe oblique che incidono il mondo. Ho ascoltato il rumore dell’acqua, ne ho respirato l’odore, ho incontrato persone -tutte bloccate lì in attesa che la pioggia desse tregua- che non vedevo da anni. Ed è stato bello.

Enrico Neiretti

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