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“La malattia è stata la battaglia più dura della mia vita”

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«Quando ho scoperto di essere malato, tanta gente mi ha consigliato di andare a farmi vedere a Torino o a Milano. Altri invece mi hanno detto di restare a Biella, ché sarei stato in buone mani: avevano ragione loro».
Sono le parole di ringraziamento di Salvatore Panetta, 54enne di Biella che negli ultimi mesi ha portato avanti la battaglia più difficile della propria vita. Una battaglia iniziata quasi per caso. Un giorno, toccandosi il collo, si è infatti accorto che alcuni linfonodi si erano ingrossati. Per scrupolo è andato a farsi controllare, la diagnosi è stata un duro colpo: linfoma non Hodgkin. Erano i primi mesi dell’anno. Oggi, dopo diversi cicli di chemioterapia, Salvatore sembra stare meglio e ci tiene a ringraziare chi si è preso cura di lui. Spesso sui giornali finiscono i casi di malasanità. Qualche volta, invece, è anche giusto sottolineare quella “normale e ordinaria amministrazione” di medici, infermieri e operatori sanitari che ogni giorno, facendo bene il proprio lavoro, salvano vite umane.
«A questo proposito – spiega Panetta – non posso che ringraziare dal profondo del cuore la dottoressa Annarita Conconi e tutto il personale del reparto di Ematologia dell’ospedale di Biella. Ne avevo già sentito parlare bene, ma quando è toccato a me ho potuto constare sulla mia pelle la loro professionalità e umanità».
Salvatore non è mai stato ricoverato, ma ogni tre settimane si sottoponeva a una seduta di chemioterapia.
«E’ stato nel corso di queste sedute della durata di diverse ore – continua -, fatte per oltre sei mesi, che ho avuto modo di apprezzare come lavorano. Sono davvero in gamba e quando hai bisogno c’è sempre qualcuno pronto».
Oggi, incrociando le dita, il 54enne sembra stare meglio, ma difficilmente dimenticherà l’esperienza vissuta affrontando questa prova.
«Ricordo ancora quando mi è stata diagnosticata la malattia – prosegue Salvatore -. Erano le 9 del mattino. La dottoressa mi ha guardato e mi ha detto: “Se dai retta a me, non esci. Cominciamo subito”. Non sono nemmeno andato a casa, il tempo di fare tutte le pratiche e ho iniziato la chemioterapia quel giorno stesso. Alle 11 avevo già la flebo. Questo è solo un esempio, per dire quanto sia stata attenta e scrupolosa. Devo ringraziare lei e tutte le persone che lavorano nel reparto che dirige. Sono stati professionalmente e umanamente eccezionali».
Matteo Floris

«Quando ho scoperto di essere malato, tanta gente mi ha consigliato di andare a farmi vedere a Torino o a Milano. Altri invece mi hanno detto di restare a Biella, ché sarei stato in buone mani: avevano ragione loro».
Sono le parole di ringraziamento di Salvatore Panetta, 54enne di Biella che negli ultimi mesi ha portato avanti la battaglia più difficile della propria vita. Una battaglia iniziata quasi per caso. Un giorno, toccandosi il collo, si è infatti accorto che alcuni linfonodi si erano ingrossati. Per scrupolo è andato a farsi controllare, la diagnosi è stata un duro colpo: linfoma non Hodgkin. Erano i primi mesi dell’anno. Oggi, dopo diversi cicli di chemioterapia, Salvatore sembra stare meglio e ci tiene a ringraziare chi si è preso cura di lui. Spesso sui giornali finiscono i casi di malasanità. Qualche volta, invece, è anche giusto sottolineare quella “normale e ordinaria amministrazione” di medici, infermieri e operatori sanitari che ogni giorno, facendo bene il proprio lavoro, salvano vite umane.
«A questo proposito – spiega Panetta – non posso che ringraziare dal profondo del cuore la dottoressa Annarita Conconi e tutto il personale del reparto di Ematologia dell’ospedale di Biella. Ne avevo già sentito parlare bene, ma quando è toccato a me ho potuto constare sulla mia pelle la loro professionalità e umanità».
Salvatore non è mai stato ricoverato, ma ogni tre settimane si sottoponeva a una seduta di chemioterapia.
«E’ stato nel corso di queste sedute della durata di diverse ore – continua -, fatte per oltre sei mesi, che ho avuto modo di apprezzare come lavorano. Sono davvero in gamba e quando hai bisogno c’è sempre qualcuno pronto».
Oggi, incrociando le dita, il 54enne sembra stare meglio, ma difficilmente dimenticherà l’esperienza vissuta affrontando questa prova.
«Ricordo ancora quando mi è stata diagnosticata la malattia – prosegue Salvatore -. Erano le 9 del mattino. La dottoressa mi ha guardato e mi ha detto: “Se dai retta a me, non esci. Cominciamo subito”. Non sono nemmeno andato a casa, il tempo di fare tutte le pratiche e ho iniziato la chemioterapia quel giorno stesso. Alle 11 avevo già la flebo. Questo è solo un esempio, per dire quanto sia stata attenta e scrupolosa. Devo ringraziare lei e tutte le persone che lavorano nel reparto che dirige. Sono stati professionalmente e umanamente eccezionali».
Matteo Floris

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