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Immaginare il futuro con orgoglio e responsabilità

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Immaginare il futuro oltre al muro che ci oscura la visuale, è il più grande sforzo che possiamo pretendere oggi dalla politica.

Se sulla sanità paghiamo l’incapacità colpevole di una giunta che non ha saputo programmare con anticipo la gestione di una seconda ondata, sul fronte produttivo il biellese sconta il prezzo più alto in termini di produzione industriale, con una riduzione solo nel terzo trimestre di quest’anno del 14%, facendo registrare il dato peggiore in Piemonte, il cui valore medio è del – 2,4%.

Il calo dell’export e la scarsa differenziazione produttiva segnano a fondo il nostro territorio, che vede così allungarsi il tunnel in cui siamo imprigionati.

Questi numeri sono il preludio di un’altra emergenza, quella occupazionale che presto attanaglierà tutta la provincia.

Come uscirne non è semplice né immediato. Ci vuole un binomio indissolubile di sostegno economico per attutire gli effetti sociali di una temuta ondata di licenziamenti e di pianificazione per immaginare un futuro che si costruirà su nuovi assetti.

Avremo le forze per traghettare il nostro territorio fuori da questa tempesta? Possiamo ancora sperare solo se la politica tornerà ad avere una leadership forte e uscirà dal sonno letargico che la avvolge, perché la sua utilità si misura nella capacità di mettersi a disposizione della collettività e nell’attitudine al confronto per tessere nuove strategie.

Il territorio deve presentarsi oggi unito nelle sue istituzioni politiche ed economiche, deve serrare le file, andare aldilà delle appartenenze politiche di ciascuno, avvertire sulla propria pelle le sofferenze di una provincia che rischia di capitolare, far leva su quel profondo senso di dignità e di orgoglio che chi ci ha preceduto ci ha insegnato e rivendicare presso la Regione, presso il Governo contributi per salvaguardare uno degli ultimi distretti industriali tessili italiani, vanto del biellese e tassello del Made in Italy.

Se questo non avverrà, saremo tutti complici di un epilogo già scritto perché per questo male non possiamo nemmeno sperare in un vaccino.

Vittorio Barazzotto

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