Attualità
Il Piazzo spiazzato
Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio
La fine dell’estate porta sempre con sé qualche tono di malinconia, l’impressione d’aver lasciato appresso la gioia di maniche corte e svolazzi d’abito leggero. Si provvede alla pulizia di gratelle a carbone spento, quello rimasto acceso da Pasquetta in qua per grigliare senza sosta in pubblico o al cospetto di una estrema selezione d’amici nel praticello di casa.
Si abbandonano le sedute all’aperto di dehor spesso improbabili, spazi rubati all’urbanistica a furor di tavolini e sedie da giardino su cui tagliar la pizza o sorbire un gelato che si squaglia in fretta. Un po’ come fosse finita la festa e lo santo gabbato fino al prossimo germoglio di primavera. Per poi ricominciare, come giorno della marmotta della contemporaneità urbana.
Si torna all’abitudine del dovere: ricominciano le scuole e le vacanze giacciono su Instagram. I social hanno di buono l’aver liberato le nuove generazioni da interminabili e autunnali psicosedute collettive di diapositive, tutte caratterizzate dalla stessa noia profonda. Anche se resta il rimpianto dei memorabili souvenir d’Italie alla “Amici miei”, goliardico sexting d’antan caposaldo della commedia all’italiana.
La città riprende il ritmo e il vigore assonnato del mattino, col traffico d’ordinanza incolonnato alle ore di punta. Solo ci tocca il prossimo foliage autunnale, di consolazione. Con le bollette del gas che tornano a gonfiarsi, come il nostro sconforto. Sono riflessioni da tavolino al bar della piazza, ispirate da un crepuscolo sempre più imminente. Bilanci di fine stagione che non hanno più il sapore di sale e il sapore di mare degli amorazzi estivi, ma lo sciapo contarsi del tempo che passa di qua.
Da qualche anno, in città, il Piazzo si è imposto, un po’ a casaccio, come meta estiva per serate sociali outdoor. Coppie in cerca d’autore e famiglie consolidate si danno appuntamenti al tavolino estivo per ristorarsi, o s’incamminano la domenica, smartphone nello smartphone, in esplorazioni del borgo storico. A ripassare tutto ciò in un mnemonico timelapse vengono in mente considerazioni in ordine sparso.
È stata un’estate senza funicolare, altro che funicolì funicolà. E, da oggi, anche senza servizio sostitutivo. «Costi elevati e troppo pochi utenti», virgoletta al sindaco il comunicato del Comune. Una sentenza che, emessa così, pare non ammettere repliche. Mentre forse di qualcuna ne abbisogna. Perché, per esempio, lo stesso sindaco vaticinava la riapertura dell’impianto per fine agosto, mentre ora «è ipotizzabile per la fine del mese di ottobre».
Ricordiamo che la chiusura dell’impianto è intervenuta perché non ha passato il collaudo di legge previsto, e va’ a sapere se qualcuno ne aveva la responsabilità oppure si dovrà praticare lo scaricabarile di consuetudine. Come se alla revisione biennale la nostra auto non avesse passato l’esame per qualche tipo di usura o malfunzionamento. Ma, in quel caso, qualche idea sulla responsabilità ce la potremmo avere.
Resta il fatto che un servizio pubblico – quello che lega il Piazzo alla città bassa – è venuto meno. L’impressione è che i mezzi sostitutivi fossero sovradimensionati, ma sarebbe bastato qualche giorno di frequentazione per capire l’utilizzo quotidiano della funicolare, quello avulso dalla frequentazione serale estiva e dell’accesso a manifestazioni. Prevedere un servizio dimensionato sarebbe stata la giusta soluzione sociale. Anche in funzione della razionalizzazione della spesa pubblica invocata per la sua cancellazione. Resta appiedata la piccola frequentazione quotidiana della popolazione locale e quella casuale del turista di passaggio. Che, se la mettiamo così, non giustificherebbero nemmeno la spesa di una funicolare.
Conseguenza e palliativo è stata la rinuncia alla Ztl che rendeva il Piazzo estivo un luogo più attraente e sicuro. Ma che uso ne abbiamo fatto? In piazza Cisterna una sera, all’ora di cena, ho contato, parcheggiate, 18 auto e una moto. Con i proprietari presumibilmente assettati al ristorante preferito. Strana modalità per rivalutare e godersi la bellezza di un borgo storico, seduti a tavola con vista sulla propria auto. Con l’inevitabile disprezzo e mancanza di rispetto per l’altrui vista. Tanto per dire: invochiamo spesso la Svizzera quando ci comoda, ma ci riveliamo incapaci della pur minima emulazione nei termini di responsabilità sociale. Nel preteso “salotto” di Biella ci parcheggiamo l’auto, nonostante il divieto.
Ci ricordiamo (ma davvero?) di vicesindaci lesti a depositare coni stradali a favore di social, e ora ne abbiamo uno anche in questa piazza. Da qualche mese, però. A guardia solenne di un tombino sprofondato e di qualche pericolosità. Anche qui, un cono d’ombra di responsabilità. È da questi dettagli che possiamo distinguere la propaganda amministrativa dall’amore per il bello della nostra città. Ferma, come l’orologio della piazza.
Lele Ghisio
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Luigi
3 Ottobre 2023 at 10:49
Purtroppo, quando nelle amministrazioni tutti vogliono che sia fatta la propria volontà e il “Capo” non è capace ad imporsi, succede cosa si vede a Biella. Ovvio che la scusa principale è la mancanza di risorse. Forse gli amministratori non riescono nemmeno ad adeguare l’appannaggio all’aumento attuale.
Maurizio
3 Ottobre 2023 at 14:25
Se 18 auto ad 1 moto erano in divieto di sosta, bastava 1 solo vigile urbano a propinare ammenda pecuniaria in perfetto stile svizzero.
Pier Giovanni Malanotte
4 Ottobre 2023 at 10:46
Che tristezza.
Per andare al piazzo non potremmo noleggiare delle carrozze d’altri tempi con tanto di tiro a sei ?