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Il fatto è che oltre Carisio e Santhià più nessuno parla di noi

Pausa caffè, la rubrica di Giorgio Pezzana

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Biellese, alternativa alle metropoli. E’ di questi giorni la statistica secondo la quale il 42 per cento della popolazione italiana vive già oggi in piccoli comuni o borghi.

Dunque, dieci anni di convegni, di buoni propositi, di Biellezze e di creatività Unesco, di Biella Piazzo polo culturale con appalti e investimenti più che discutibili, per apprendere che nel 2021 il comparto turistico biellese non solo è fanalino di coda a livello regionale, ma è anche al di sotto delle rilevazioni di dieci anni or sono.

L’amministratore delegato di qualunque azienda, al cospetto di questi dati, rassegnerebbe seduta stante le dimissioni. A Biella no. Qui c’è anche qualcuno che riesce a leggere in chiave positiva questa specie di Caporetto, considerandola forse la base per un rilancio del rilancio di un turismo che un vero e proprio lancio non lo ha mai avuto.

Ci hanno provato in tanti a formulare una diagnosi al capezzale di un malato che non ne vuole sapere di migliorare. Io non credo di avere ricette magiche, ma penso che a molti balzi agli occhi un aspetto disperatamente biellese che si chiama autoreferenzialità. Qui è un continuo dirci tra noi delle bellezze dei nostri monti, dell’unicità del Ricetto di Candelo, della sacralità del Santuario di Oropa, della meraviglia primaverile di una Burcina in fiore, seppure un po’ in affanno, di una Baraggia che sembra portarci in altri mondi, ma il fatto è che dopo Carisio e Santhià più nessuno parla di noi.

Il turismo, quello vero, non deve piacere a chi abita il territorio, ma innanzi tutto a chi ne è fuori, a chi si sente attratto da dimensioni che non conosceva, a chi ci si ritrova in quel territorio quasi per caso e riesce ad apprezzarne la bellezza, l’ospitalità, la storia e le tradizioni. La capacità di una visione più ampia e di una promozione più sfacciata sono gli elementi che fanno il turismo.

Ci sono regioni che stanno investendo cifre importanti per la promozione turistica del loro territorio (Lazio, Trentino Alto Adige, Romagna, Liguria, Sicilia e Sardegna solo per citarne alcune). Il Piemonte si limita a qualche sussurro, perlopiù concentrato su Torino. Il Biellese stenta ad esserci sui depliants.

La logica degli imprenditori tessili di un tempo che non facevano pubblicità perché “intanto se vogliono buone stoffe devono venire qui” è finita da tempo. Scoprire che il mondo può fare a meno di noi è stata dura. Ma ora è tempo di svegliarsi perché cominciano ad essere troppi anche i biellesi che possono fare a meno del Biellese.

Giorgio Pezzana

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