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Il dramma della famiglia suicida di Sagliano approda su Il Fatto Quotidiano

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Il dramma della famiglia suicida di Sagliano approda su Il Fatto Quotidiano

Dopo vent’anni il dramma di Sagliano Micca viene ricordato da Selvaggia Lucarelli su Il Fatto Quotidiano.

Il 5 giugno del 1996, a Sagliano  si suicidarono quattro persone. Insieme, dopo aver lasciato delle lettere d’addio, scesero nel garage di casa, entrarono in una Fiat Uno verde, mandarono giù qualche pasticca di sonnifero e respirarono il gas di scarico fino a morire. Il motivo?  Atroci accuse di abusi sessuali su due bambini.

Ecco il post che la giornalista ha pubblicato si Facebook , ripercorrendo una tragedia che ha sconvolto il Biellese.

Post fu Facebook

Se c’è un “caso zero” che lega il centro Hansel e Gretel e i casi di “Veleno” e oggi Bibbiano è questo: il caso Sagliano, provincia di Biella. Il primo, il più dimenticato. La storia di un’intera famiglia che si suicidó nel 1996 per atroci accuse di abusi su due bambini e con le perizie dei soliti nomi (Foti/Roccia del centro Hansel e Gretel e la Giolito del caso Veleno). E con quell’Alessandro Chionna, il pm che decise l’arresto di Gigi Sabani. Un caso così dimenticato, nonostante il clamore dell’epoca, che per avere una foto di queste 4 persone che non hanno mai avuto giustizia, sono andata io stessa al cimitero di Sagliano a fotografare le loro tombe.
Ne scrivo oggi su Il Fatto.
Leggete questa orribile storia, è importante. E condividete il più possibile.

Il 5 giugno del 1996, a Sagliano Micca, provincia di Biella, si suicidarono quattro persone. Insieme, dopo aver lasciato delle lettere d’addio, scesero nel garage di casa, entrarono in una Fiat Uno verde, mandarono giù qualche pasticca di sonnifero e respirarono il gas di scarico fino a morire. Erano Alba Rigolone (66 anni), suo marito Attilio Ferraro (68 anni), i loro due figli Maria Cristina Ferraro (insegnante di 39 anni) e Guido Ferraro (commesso di 36 anni). Tutti accusati di aver sottoposto alle più raccapricciati pratiche sessuali due bambini, i figli di Guido e Maria Cristina, quel giorno erano attesi in tribunale per l’udienza del processo appena iniziato.
Un processo in cui l’impianto accusatorio si fondava principalmente sulle perizie di due consulenti: Cristina Roccia, una delle psicologhe coinvolte nella vicenda “Veleno” e colui che all’epoca era suo marito, ovvero quel Claudio Foti del Centro Studi di Moncalieri Hansel e Gretel, oggi agli arresti domiciliari per la vicenda di Reggio Emilia.

Il caso Sagliano, nella sinistra catena che lega l’associazione Hansel e Gretel ad alcune delle storie più inquietanti e controverse di abusi su minori, può essere considerato il “caso zero”. E forse anche il più dimenticato, nonostante il suicidio, nonostante il clamore che suscitò all’epoca, tra videocassette sulla storia allegate a quotidiani, l’accorata difesa degli imputati di Vittorio Sgarbi e i pareri di noti opinionisti dell’epoca.
Un’intera famiglia si tolse la vita lasciando un biglietto sul cruscotto: “Quattro innocenti sono costretti ad uccidersi perché il tribunale di Biella non ha dato la possibilità di dimostrare la loro innocenza”. Forse, oggi, alla luce di quello che sta emergendo, è possibile restituire dignità a quei morti la cui vicenda processuale fu ricostruita nel 2007, con appassionato rigore, dallo scrittore ed ex assessore di Biella Diego Siragusa in un libro, “La botola sotto il letto”, che poi fu presto ritirato per minacce di querele.

La vicenda inizia nel 1995, quando Guido e sua moglie Daniela si stanno separando tra rancori e recriminazioni. In particolare, Daniela nutre un profondo astio nei confronti della famiglia dell’ex marito. Detesta soprattutto sua suocera Alba e della bella sorella del marito Maria Cristina. A un mese dall’udienza di separazione Daniela porta il loro bambino Angelo, di 9 anni, presso il Servizio di Neuropsichiatria Infantile di Vercelli che a sua volta fa una segnalazione al Tribunale dei minori di Torino. Il bambino accusa suo padre Guido, sua nonna paterna Alba e sua zia paterna Maria Cristina di avere rapporti incestuosi in sua presenza e di abusare di lui oltre che della sua cuginetta Linda, figlia di Maria Cristina. Il Tribunale sospende immediatamente gli incontri tra Guido e suo figlio Angelo.
Successivamente Daniela presenta una querela dettagliata contro il marito e la sua famiglia in cui racconta fatti raccapriccianti.

Da quando ha circa tre anni, a casa dei nonni, Angelo assiste a scene di sesso esplicito e incestuoso:
Maria Cristina lecca il pisellone al fratello Guido in salotto finché lui non le fa pipì sulla mano, sua nonna Alba, 66 anni, fa lo stesso sempre col pisellone di suo figlio Guido ma in camera. Maria Cristina, la piccola Linda e sua nonna Alba leccano tutte insieme Guido e vanno a letto nudi. La nonna nuda chiede a lui, Angelo, di toccarla ma il bambino si rifiuta. Un’altra volta Guido sbatte il pisellone sulla patata della piccola Linda oppure Guido lecca il deretano della madre anziana o suo padre prova a infilargli nel sederino il suo pisello ma lui scappa e gli altri dicono “Devi farlo!” Ti prego!”. Insomma, Sodoma. Un famiglia di persone apparentemente rispettabili, nasconde un simile orrore. La bambina viene prelevata mentre è a scuola e tolta alla madre per finire in un centro per minori, il pm Alessandro Chionna della procura di Biella dà il via alle indagini con perquisizioni a tappeto a casa di nonna Alba e nonno Attilio (che non è ancora stato accusato) e di Maria Cristina. Cercano materiale pornografico, videocassette, prove degli abusi. Non trovano nulla. La nonna non ha neppure un videoregistratore.

Il 3 giugno Alessandro Chionna li fa arrestare tutti e tre con tanto di sirene e manette con un’accusa precisa e devastante: abusi sessuali su minori. Breve parentesi: il pm Chionna fu anche il grande accusatore di Gigi Sabani e Valerio Merola nel famoso caso “Varietopoli” che portò all’arresto di Gigi Sabani nel 1996, proprio dopo due settimane dal suicidio della famiglia Ferraro, con le accuse di truffa a fini sessuali e induzione alla prostituzione. Lo aveva accusato una minorenne. Chionna fu poi rimosso dall’incarico perché si innamorò della ex fidanzata di Gigi Sabani (con cui poi convolò a nozze), che conobbe durante l’inchiesta (poi archiviata). Gigi Sabani rimase marchiato da questa vicenda e nel 2007 morì di infarto. Tornando a Sagliano, i detenuti vengono interrogati da Chionna e dal Gip Paolo Bernardini. Guido afferma che la sua ex moglie aveva detto spesso che gliel’avrebbe fatta pagare, che era gelosa di sua sorella Maria Cristina, che dal ’94 in poi aveva proibito a nonna Alba e a nonno Attilio di vedere il nipote, convinta che la nonna volesse avvelenare Angelo con lo sciroppo. Nonna Alba dice di aver sempre trattato i nipoti con amore, Maria Cristina conferma l’odio della cognata per lei e la sua famiglia. Nonno Attilio, l’unico rimasto libero, spiega di non avere rapporti sessuali con la moglie da 10 anni, altro che sesso e promiscuità in quella casa.

Il 5 giugno del 1995 Chionna e il maresciallo Santimone interrogano il piccolo accusatore Angelo. Il bambino conferma la versione orgiastica della storia, ma poi, quando gli si fa notare che il racconto è inverosimile, cambia completamente rotta e ritratta tutto. Sarà la prima di una lunga serie di ritrattazioni. “Tutto quello che ho raccontato è frutto della mia fantasia. Io ho voluto in questo modo far andare in prigione mio padre, i miei nonni, mia zia perché hanno trattato male me e mia madre. E’ stata una mia montatura in quanto vedo film in cui fanno porcate”, dice. A quel punto il bambino va via con la madre, ma dopo un po’ i due tornano in Tribunale. Angelo si era solo spaventato, vuole confermare gli abusi, dice la madre. E invece Angelo ribadisce di essersi inventato tutto. Successivamente dirà anche che nella casa degli abusi ci sono botole sotto il letto dei nonni e passaggi segreti. Si è inventato tutto di nuovo. Il 7 giugno il gip Paolo Bernardini ordina la scarcerazione dei tre indagati e in un’ordinanza molto prudente ma rigorosa, afferma che la situazione è poco chiara, che la querelante manifesta ostilità nei confronti della famiglia Ferraro, che ai bambini sono state fatte domande suggestive, che Angelo ha dei disturbi psichici mai approfonditi.

Chionna, a questo punto, nomina come consulente tecnico Cristina Roccia del Centro Hansel e Gretel, la stessa che interrogherà alcuni bambini di Massa Finalese (il caso Veleno) un paio d’anni dopo. La consulente deve stabilire se Angelo e Linda sono attendibili. Linda sarà sottoposta a un vero interrogatorio, ma parlerà sempre con amore della mamma e della nonna con cui fa il gioco della principessa e dei gioielli. Nega ogni abuso, piange, le manca sua madre. Angelo, nonostante le proteste dei legali di Guido che non può più vedere suo figlio, invece continua a vivere con Daniela (se fosse stato vero che la madre lo manipolava, poteva continuare a farlo liberamente). Guido invia lettere strazianti al figlio che ormai non vede più da tempo, scrivendogli “Vorrei tanto poterti far avere dei doni ma non so come fare, ho ancora l’uovo di Pasqua che non mi hanno lasciato consegnarti!”.

Il 6 giugno Chionna chiede al consulente tecnico Maria Rosa Giolito (che risulta aver collaborato con Foti di Hansel e Gretel anche nella stesura di un libro, è anche lei coinvolta nelle perizie mediche della vicenda Veleno) di verificare se la bimba abbia subito abusi. “L’imene con bordi sottili è compatibile con la penetrazione di un dito di una persona adulta, non posso escludere né provare la penetrazione col pene”, sarà l’esito. Che in sostanza non vuol dire nulla, tanto più che il perito della difesa parlerà di normale conformazione dell’imene. La visita della Giolito al bambino Angelo darà esito negativo, tuttavia la dottoressa specificherà “I segni ritrovati non sono specifici per abuso sessuale pur essendo compatibili con tale diagnosi, va considerato però che un oggetto delle dimensioni di un dito può essere introdotto nell’ano senza troppo disagio”.
Insomma, l’esito è negativo, ma si lascia una finestra aperta. Peccato che in seguito Angelo dirà chiaramente di essere stato penetrato dal padre e che quella perizia lo smentisca. La perizia tecnica di Cristina Roccia, per la cronaca, costerà al tribunale la non modica cifra di 6.417.450 lire.

Quando ormai la scadenza delle indagini è imminente Chionna affida una nuova audizione del bambino Angelo a Claudio Foti. Aveva ritrattato troppe volte, l’accusa era molto indebolita. Con Foti accanto, il bambino afferma di aver ritrattato gli abusi perché minacciato dal maresciallo e conferma le violenze. Non solo. Accusa per la prima volta anche suo nonno Attilio e anticipa l’inizio delle violenze a quando aveva un anno (la cuginetta non era neppure nata!). Come potesse ricordarsi di violenze subite a un anno non è chiaro. Non solo. Aggiunge che la cuginetta non ha il coraggio di dire la verità, quindi se dovesse essere risentita lui vorrebbe essere presente, “così la aiuta a parlare”.
Chionna chiede il rinvio a giudizio, il gip Bernardini fissa il giudizio immediato, ma estromette le consulenze tecniche-psicologiche affermando che non si limitano a fornire un apporto scientifico, ma esprimono dei giudizi sulla veridicità di quanto affermato dai bambini. Chionna, che senza quelle perizie ha pochi elementi, non si arrende. Chiede al Tribunale un’audizione protetta per i due bambini che, come richiesto da Angelo, saranno sentiti insieme dalla psicologa Paola Piola, già teste dell’accusa.

Alba, Attilio, Maria Cristina e Guido capiscono che se la bambina confermerà le accuse sono spacciati. E così sarà. La mattina del 5 giugno 1996, fuori dal tribunale, la sorella di Alba, Maria Rigolone e gli avvocati della difesa, attendono i Ferraro per un po’, poi allarmati dalla loro assenza chiamano i carabinieri. In casa furono trovati alcuni biglietti di addio. In uno, firmato da tutti e quattro, indirizzato al senatore Claudio Regis che li aveva sempre sostenuti c’era scritto “Violando il codice, dei bambini sono stati ascoltati come pretendeva il pm Chionna, dalla stessa psicologa chiamata dall’accusa come teste che da un anno prepara Angelo a condannare il padre e tutta la sua famiglia. La sentenza che ci aspetta è ovvia, siamo innocenti, non vale la pena continuare ad esistere”.
Maria Cristina aveva scritto un’altra lettera in cui si augurava di incontrare di nuovo sua figlia nell’aldilà.
Nonna Alba aveva lasciato un biglietto: “Non ho mai fatto porcherie con i figli e i nipoti che adoravo. Ho insegnato loro le cose belle e giuste della vita, chiedo perdono ai miei cari”. E poi quel biglietto sul cruscotto: “Siamo innocenti”.

Morirono insieme, respirando monossido, nella Fiat Uno verde di Maria Cristina. Ai funerali parteciparono più di 1000 persone, a Sagliano in tanti credettero alla loro innocenza fino alla fine. La sentenza di improcedibilità mise fine alla vicenda. Chionna disse di aver lavorato con correttezza, Paolo Crepet sentenziò che “il suicidio è un’ammissione di colpa”, il senatore Claudio Regis affermò “Queste persone sono state uccise per un patto scellerato fra procura e tribunale dei minori”. (e per questa dichiarazione fu processato e condannato). “Ora il dolore è solo mio”, dichiarò Daniela, la grande accusatrice, ai giornali.

Ma a rimbombare ancora, dopo 23 anni dalla tragedia, sono le parole della psicologa Paola Piola, una delle grandi sostenitrici dell’accusa: “In fondo le vittime sono ancora i bambini. Ora sono anche senza genitori. La vicenda giudiziaria è stata archiviata col decesso degli imputati, e forse è meglio così”.
Quattro morti, una verità mai accertata e ombre antiche, che dopo 23 anni, spuntano fuori da una vecchia botola. L’unica che è davvero esistita, in questa orribile vicenda. No, non è stato meglio così.

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