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Il dottor Luca Sala risponde ai timori e ricorda : «Siamo privilegiati: in altri Paesi situazioni tragiche»

«Molti rinunciano al vaccino perché i casi gravi sono scesi, ma il merito del calo è proprio dei milioni di vaccinati»

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BIELLA –  Vaccinarsi o non vaccinarsi, questo è il problema. Mentre fortunatamente la campagna vaccinale prosegue ormai spedita, con decine di migliaia di persone che quotidianamente ricevono la prima o la seconda dose, purtroppo sembrano essere ancora molti gli scettici e coloro che non ne vogliono sapere di farsi vaccinare contro il Covid-19.

Abbiamo analizzato la situazione relativa alla popolazione dei sessantenni. Ne è emerso un dato preoccupante: circa il 35% non si è ancora fatto inoculare il farmaco, evidentemente alle prese con l’amletico dilemma shakespeariano adattato ai giorni nostri: essere vaccinati o non essere vaccinati?
A questo proposito, abbiamo posto alcuni quesiti al dottor Luca Sala, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Asl di Biella.

Dottor Sala, anche alla luce del nostro recente servizio, dal quale emerge che il 35% dei sessantenni non si vaccina, abbiamo la percezione che il clima di sfiducia sia aumentato nel corso degli ultimi mesi. Per quale ragione, secondo lei?

In realtà fin dall’inizio della campagna vaccinale c’è stata una quota di aventi diritto che hanno rinunciato alla vaccinazione per i più vari motivi, non ultimo la convinzione personale al rifiuto. Nelle ultime settimane tale quota di rinunciatari è aumentata, o meglio, si è ingrossata percentualmente includendo una parte di cittadini che per ragioni personali, per lo più legate alla coincidenza della data del richiamo con periodi di ferie già programmati e/o impegni di lavoro, si sono successivamente recati presso i nostri uffici per spostare la data del primo inoculo (lo sportello in questione è in via Don Luigi Sturzo 20 a Biella, sede del Servizio Igiene e Sanità Pubblica, con apertura dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12,30; gli spostamenti possono essere domandati presentando documentazione comprovante la richiesta).

Quali sono i timori che ancora spingono alcune persone a non vaccinarsi, nonostante la consapevolezza dei benefici che una vaccinazione di massa porterebbe alla comunità?
Ci sono dei timori giustificati?

I timori sono quelli che da sempre serpeggiano fra le persone, spesso alimentati da un’informazione non sempre corretta e adeguatamente comprensibile. Questi timori sono stati ultimamente alimentati dal fatto che la pressione infettante e quindi i nuovi casi e i casi gravi sono a livello nazionale molto diminuiti, senza che sia preso in considerazione che tale diminuzione si è ottenuta proprio grazie al fatto che sono stati effettuati milioni di vaccinazioni, solo a Biella più di 115.000 fra prime e seconde dosi, e quindi che la percezione del rischio di contrarre la malattia si è affievolita. Resta il fatto che gli strumenti utili a contrastare la pandemia restano inequivocabilmente la vaccinazione, le misure igieniche e di protezione, come il distanziamento interpersonale.

A questo proposito, è possibile rassicurare la cittadinanza in qualche modo? Alcuni sostengono di non essere tranquilli perché i vaccini anti Covid “non sono stati testati abbastanza”, altri perché “chissà quali effetti potranno avere sul lungo periodo”. C’è qualcosa di vero in queste affermazioni o sono completamente false?

I vaccini in uso in Italia sono stati testati su centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo Occidentale, distribuiti per le fasce di età per i quali sono stati registrati e raccomandati. Come per tutti gli altri vaccini in uso, se correttamente distribuiti e somministrati secondo le indicazioni degli organi competenti, hanno e avranno l’effetto di controllare la diffusione del virus e quindi di ridurre i casi di malattia e la sua gravità.

In questi giorni si è tornati a parlare del farmaco AstraZeneca e sono emersi dubbi sulla sua somministrazione ai più giovani, avviata in alcune regioni su base volontaria. Recente è la notizia di cronaca della morte sospetta di una diciottenne in Liguria. Al di sotto di una determinata età è meglio continuare a non inocularlo?

Come previsto per ogni campagna vaccinale, ogni episodio di reazione al vaccino viene segnalato al Ministero per gli approfondimenti del caso. Sull’uso e sulle fasce di età per cui un tipo di vaccino è consigliato o sconsigliato il Ministero della Salute, attraverso le Agenzie competenti in materia, si pronuncia ed emana le indicazioni operative per gli assessorati alla Sanità regionali e quindi per le Asl. Nel corso della campagna vaccinale tali indicazioni possono variare con l’assunzione e la valutazione di nuovi elementi a garanzia della massima tutela e sicurezza delle persone.

In questi mesi sono stati lanciati numerosi appelli per chiedere alla popolazione di vaccinarsi e i frutti si iniziano a vedere, ma non basta ancora. Cosa si può dire agli scettici per convincerli?

Le tragiche notizie che provengono sulla situazione dell’andamento della pandemia Covid, circa le gravi criticità sanitarie che stanno ancora vivendo i Paesi in via di sviluppo dove la disponibilità dei vaccini è ancora molto limitata e l’organizzazione della medicina preventiva tarda a decollare, cifrano purtroppo ai nostri occhi di cittadini privilegiati l’importanza per il controllo del virus che riveste la vaccinazione, abbinata all’adozione di adeguate misure igienico-sanitarie.

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