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Francesco Bider: il combattente biellese morto per il Kosovo
Un anno fa il presidente Osmani lo ha dichiarato eroe nazionale: morì nella guerra contro i serbi

Francesco Bider: il combattente biellese morto per il Kosovo. La notizia della presunta morte di due combattenti italiani in Ucraina – il palermitano Antonio Omar Dridi e il cagliaritano Manuel Mameli – ha riacceso il ricordo del biellese Francesco Bider. Ex alpino, fu ucciso a 38 anni in Kosovo, dove si era unito come volontario all’Uck, che combatteva contro i serbi per ottenere l’indipendenza.
Francesco Bider: il combattente biellese morto per il Kosovo
Un anno fa, nelle celebrazioni per la liberazione nazionale, il presidente Vjosa Osmani insignì Bider quale membro volontario della 138ª Brigata “Agim Ramadani”. Gli vennero conferiti la medaglia d’oro al valore militare, il titolo di “Eroe del Kosovo” e l’“Assegnazione della Bandiera”. Con motivazione di coraggio e sacrificio per la libertà del Kosovo.
«Gli omicidi, gli incendi, la sofferenza, i campi profughi e la terribile realtà vissuta dal nostro popolo sotto il regime di Milosevic – disse Osmani – hanno spinto Francesco ad unirsi all’Uck. Un corpo che aveva una struttura simile alle Brigate partigiane italiane del 1945. La cosa particolare è che il famoso partigiano Tom, che tanta parte ebbe nella liberazione del Biellese, era prozio di Francesco avendo sposato la zia di sua madre. Esiste quindi quasi un filo conduttore che unisce nella vita e nella morte queste due figure di partigiani biellesi. Ma Francesco è stato un uomo dei due mondi».
Chi era Francesco Bider
Bider morì il 7 maggio del 1999 sulle alture di Morini, a poca distanza da Kukes, dove venne combattuta una delle battaglie più cruente della guerra. Insieme a 30 guerriglieri perse la vita sotto le raffiche delle mitragliatrici serbe.
Convinto pacifista, negli anni precedenti aveva partecipato a decine di missioni umanitarie per portare aiuto alle popolazioni martoriate della ex Jugoslavia. Fino a quando l’orrore della guerra lo aveva convinto a imbracciare il fucile per combattere al fianco di chi si opponeva a Milosevic, nella convinzione di battersi per i più deboli.
Tutti in Kosovo conoscono la sua storia. La storia del montanaro italiano col barbone a due punte, morto mentre cercava di portare in salvo un compagno ferito. Lui e i suoi compagni si trovavano lì nel tentativo di tenere aperto un corridoio per far passare i profughi, mentre attorno cadevano le bombe e i colpi dell’artiglieria serba.
Il “Che Guevara valet”
La complessa figura dell’operaio poeta biellese, il “Che Guevara valet”, è stata approfondita anche grazie alla pubblicazione postuma di un libro di sue memorie. A renderla possibile fu un amico d’infanzia. Durante una passeggiata in montagna, ripercorrendo gli antichi passi di sempre, trovò in una grotta centinaia di fogli scritti a mano da Bider. Era il diario che per anni l’uomo aveva portato con sé fino all’alba dell’ultimo viaggio, dal quale forse l’autore presagiva che non avrebbe più fatto ritorno.
Da qui la scelta di nascondere pagine e pagine di appunti in un anfratto conosciuto e frequentato solo da pochi. Da quei fogli emergeva una figura tormentata, controversa, eppure innamorata della vita, che spesso vedeva ridotta a corpi umiliati e offesi. Bider scrisse per anni le sue poesie e le sue riflessioni all’insaputa di tutti. Scriveva sempre, sia che si trovasse nel Biellese, sia che fosse nell’ex Jugoslavia impegnato in una missione umanitaria.
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