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Fondazione Tempia in un progetto europeo di ricerca sui tumori rari
Fondazione Tempia in un progetto europeo di ricerca sui tumori rari
C’è la Fondazione Tempia tra le realtà che si metteranno al lavoro in uno dei sette progetti europei sui tumori rari finanziati con oltre 32 milioni di euro dall’ultima edizione del bando “Accelerator Award”. I fondi sono messi a disposizione dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, dalla sua omologa spagnola Aecc e da Cancer Research Uk, la più importante organizzazione non profit al mondo a occuparsi di studi sui tumori. Il progetto a cui collaborerà il laboratorio di genomica della fondazione biellese riguarda lo pseudomixoma peritonei, patologia dell’apparato gastrointestinale che deriva dall’appendice, e avrà la cabina di regia all’Istituto nazionale tumori di Milano.
«Fino a venti-trent’anni fa, quando un tumore raggiungeva il peritoneo, il paziente veniva considerato un malato terminale e si utilizzavano solo cure palliative» dice Marcello Deraco, lo specialista dell’Istituto nazionale tumori alla guida del team di ricerca: «Oggi, invece, nel caso dello pseudomixoma peritonei, abbiamo a disposizione un intervento, la citoriduzione chirurgica, che consente di rimuovere la malattia». E se in passato chi era colpito da questa malattia moriva nell’arco di tre anni, oggi invece la sopravvivenza può superare i 15 anni. Ma il lavoro necessario è ancora molto perché se nell’80 per cento dei casi lo pseudomixoma viene classificato come tumore a basso grado di malignità, esiste un 30-40 per cento di pazienti in cui il cancro si ripresenta ed è fatale. «Non ci spieghiamo come mai questo accada» prosegue Deraco, «ma pensiamo che possa dipendere dal fatto che oggi ci basiamo esclusivamente sull’analisi morfologica del tumore e questo non è sufficiente per ottenere un indice prognostico affidabile».
Rendere questo indice più vicino alla realtà è lo scopo del progetto di ricerca, che analizzerà Dna e Rna di duecento pazienti già operati in passato e di quattrocento che subiranno l’intervento nei prossimi cinque anni. «Le caratteristiche biomolecolari dei sottotipi di pseudomixoma così identificati» afferma Marcello Deraco «permetteranno di classificare meglio i pazienti e suggeriranno anche possibili bersagli terapeutici. Il secondo obiettivo dello studio è identificare farmaci in grado di aggredire lo pseudomixoma. Usando piccoli frammenti di tumore verranno creati degli organoidi, colture cellulari in tre dimensioni che riproducono le caratteristiche della malattia in fase iniziale, su cui testare batterie di farmaci».
Per questo il contributo del laboratorio di genomica della Fondazione Tempia diventerà particolarmente prezioso: «Si tratta di una patologia rara e, come tale, viene trattata solo in centri specializzati» dice Giovanna Chiorino, che dirige il laboratorio. «Proprio i centri di riferimento italiani, inglesi e spagnoli si sono riuniti per mettere in piedi un progetto multicentrico che coinvolge anche il nostro laboratorio, avvalendosi della collaborazione di scienziati esperti nella caratterizzazione del genoma e dell’espressione genica, nonché nella creazione di modelli tridimensionali per studiare l’efficacia delle cure. L’obiettivo è accelerare l’identificazione di nuovi bersagli per i farmaci e migliorare la personalizzazione della terapia».
Oltre al capofila Istituto nazionale tumori di Milano e alla Fondazione Tempia, sono partner del progetto le università di Torino, Manchester e Southampton, l’Ircss di Candiolo, The Christie Foundation, Hampshire Hospitals Foundation, Vall d’Hebron Institute of Oncology e Consorci Sanitari Integral. Secondo gli ultimi dati disponibili, su quattro pazienti malati di cancro uno ha un tumore raro. In totale si stima che in Italia i malati siano circa 900mila e 89mila i nuovi casi registrati ogni anno. «I dati ci dicono che raro non è sinonimo di poco diffuso» sottolinea Viola Erdini, presidente della Fondazione Tempia. «Per questo è essenziale che la ricerca possa dedicare tempo e risorse anche su patologie meno conosciute ma non meno pericolose. È questo lo scopo del progetto europeo a cui siamo orgogliosi di poter contribuire, confermando una volta di più che la scelta di sostenere direttamente strutture in grado di fare ricerca ci consente di contribuire direttamente ai progressi della comunità medica e scientifica, con benefici per i pazienti di tutto il mondo e con un po’ di orgoglio biellese per essere anche in questo campo all’avanguardia».
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