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Ecco perché a Biella la cultura non fa sistema

Pausa caffè, la rubrica di Giorgio Pezzana

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Bollettino di guerra del fine settimana a Biella. Intanto la notizia della scarcerazione del marito dell’influencer Siu, italo-marocchina residente a Chiavazza, appena uscita dal coma, che sta scatenando polemiche a livello nazionale

Mi rifaccio al commento comparso sabato scorso sulla prima pagina di questo giornale a firma dell’ex sindaco di Biella Vittorio Barazzotto intitolato “Il profumo della musica fa bene al cuore”. In particolare riporto una sua riflessione, dal contesto di un più ampio discorso, che riguarda la scarsità di eventi estivi programmati a Biella, al contrario di quanto pare stia avvenendo nelle vicine Vercelli, Ivrea e Varallo. Barazzotto ad un certo punto dice: “La scarsità di eventi estivi non è solo responsabilità del Comune, ma di un sistema di associazioni e fondazioni che non fanno sistema tra di loro ed operano ciascuno nel proprio ambito per garantirsi la sopravvivenza”.

C’è sicuramente del vero in tutto questo e ancora una volta si scopre un difetto atavico di questo territorio: l’incapacità di programmare insieme. Non sono mai riusciti a fare sistema gli imprenditori biellesi, neppure negli anni migliori per il comparto tessile, andando imperterriti ciascuno per la propria strada tra sgambetti, maldicenze e gelosie, figuriamoci se possono fare rete le associazioni e le fondazioni che si occupano di cultura ed eventi.

E non lo possono fare non solo per cattiva volontà (che è comunque un fattore innegabile), ma anche perché sono proprio il sistema politico amministrativo del capoluogo e la gestione delle risorse delle fondazioni che alla fine contribuiscono a creare malcontento e scarsa propensione a lavorare insieme. Perché?

Sono costretto a ripercorrere sentieri già battuti: la precedente amministrazione di centrosinistra di palazzo Oropa aveva privilegiato nella pianificazione culturale le appartenenze politiche dei singoli referenti in modo talvolta imbarazzante; l’attuale amministrazione di centrodestra, disponendo di pochi referenti perché il centrodestra della cultura non si è mai occupato abbastanza, si sta arrabattando con i cocci dei suoi predecessori, ma è evidente che è in affanno come rivela, tra l’altro, la difficoltà nel dare vita ad una programmazione estiva che non sia il solito “mettere il cappello” su iniziative altrui.

E vengo alle fondazioni: l’elargizione di contributi dovrebbe scaturire da una valutazione attenta delle richieste, ma spesso ci si imbatte in assegnazioni di risorse che tengono conto di tanti altri fattori, andando in tal modo a disporre somme spropositate per progetti modesti e mortificando con qualche spicciolo iniziative più ambiziose ed a più ampio respiro.

Queste sono circostanze che non incoraggiano la costruzione del sistema al quale fa riferimento Barazzotto, ma anzi, alimentano la contrapposizione tra le singole realtà sino ad arrivare ad una disgregazione progressiva e, temo, irreversibile. A ciò aggiungiamo la spinta ad una cultura d’impresa (la “cultura produttiva” di Renzi, cioè sempre più data in gestione a chi vorrebbe farne un business), che sta massacrando il volontariato ed un provincialismo che non sa misurare la portata di eventi che sappiano uscire dal territorio e la frittata è fatta. Con buona pace dei sistemi, delle reti e spesso, purtroppo, anche dei risultati che ne conseguono.
Giorgio Pezzana

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