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Doppia sfida in vista per il PD: congresso e referendum

I quesiti sul Jobs Act generano ancora divisioni nel partito. Tutti d’accordo invece sulla cittadinanza

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Doppia sfida in vista per il PD: congresso e referendum. Si apre una fase interessante e complessa.

Nei prossimi mesi, infatti, i dem saranno impegnati non solo nella scelta della nuova segreteria provinciale. Sfida di per sè già impegnativa. Ma anche nella campagna per i referendum abrogativi, che si terranno tra il 15 aprile e il 15 giugno. I quesiti saranno cinque, di cui uno sulla cittadinanza e quattro sul lavoro, promossi dalla Cgil.

La scelta di campo di Elly Schlein è stata netta: cinque sì.

Doppia sfida in vista per il PD: congresso e referendum

Tuttavia, sono proprio i quesiti sul lavoro, contro il Jobs Act, a risultare spinosi e in certi casi divisivi. Poiché all’interno del partito ci sono ancora alcuni firmatari di quella riforma.

E di questo la segretaria nazionale è ben consapevole, come dimostrano le sue parole. «So bene che nel partito c’è chi li ha firmati tutti e non chiediamo abiure a nessuno». Una sfida non semplice, dunque, sia per le diverse posizioni interne al partito, sia per il mai banale obiettivo del quorum. Paolo Furia, membro biellese della Direzione nazionale del Pd, ha spiegato che il sostegno ai cinque sì risponde a due criteri, uno di merito e l’altro di opportunità. «Innanzitutto si deve combattere l’eccesso di precarietà. Sono ormai dieci anni che la legislazione in Italia non viene modificata».

L’ex segretario regionale del Pd Piemonte ha poi sottolineato la necessità di questi referendum. Che «possono offrire alla politica l’opportunità di rivedere la legislazione del lavoro nel nostro Paese. Puntando a una maggiore valorizzazione dei contratti a tempo indeterminato. Rendendo più trasparente la filiera di appalti e subappalti e più stringente la normativa in materia di contratti a termine per evitare abusi a danno dei lavoratori».

Tutti uniti

Ed è proprio sui quesiti promossi dalla Cgil che il Pd sarà chiamato a uno sforzo unitario. Quantomeno per scrollarsi di dosso il ricordo della riforma renziana. Ecco, allora, l’opportunità, che non è sfuggita a Elly Schlein, ma neanche a Furia. «Il nostro è il partito che ha dato vita al Jobs Act, motivo per cui è stato a lungo considerato la forza politica che ha rotto con il lavoro dipendente e ha favorito tale precarizzazione. Ritengo normale che, a distanza di dieci anni, si rifletta su effetti positivi e negativi di una normativa e che eventualmente si modifichino questi ultimi».

Più semplice appare, invece, la convergenza sul quesito della cittadinanza. Che intende ridurre da dieci a cinque anni i tempi di residenza legale dello straniero maggiorenne per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana. In merito si è pronunciato anche un altro esponente del PD biellese, Andrea Basso. Che ha espresso le ragioni del proprio sostegno al quesito, citando Sergio Mattarella. «Si tratta di un’occasione unica per dare concretezza alle parole del Presidente della Repubblica. Secondo cui “è patriottismo quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità».

Inoltre, il consigliere comunale dem ha fatto luce sul nesso tra il referendum e le cruciali tematiche dell’integrazione e della sicurezza. «Consentire agli extracomunitari regolarmente soggiornanti nel nostro Paese di acquisire la nazionalità italiana dopo cinque anni dalla residenza in Italia, senza variare gli altri requisiti di legge, significa agevolare l’integrazione di chi vive già regolarmente in Italia. L’integrazione è presupposto fondamentale per ridurre quei problemi di sicurezza che certa propaganda ritiene infondatamente legati solo ai fenomeni migratori. Riconoscere diritti a queste persone non significa privarne chi è già cittadino italiano».
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1 Commento

1 Commento

  1. Ardmando

    13 Marzo 2025 at 18:38

    Un partito morto e sepolto che si è scisso N volte e ha sempre meno consensi (per fortuna)
    Il referendum è uno strumento costoso e COMPLETAMENTE inutile che va abolito, perchè non ha alcun senso votare e PAGARE politici che devono amministrare nel bene o nel male il Paese e che questi decidano di spendere nostri soldi per fare decidere a noi cose che loro non sono in grado di decidere. Allora a cosa serve eleggere deputati e senatori e pagarli se poi occorre pagare nuovamente per fare il loro lavoro e poi alla fine vedere che magari il risultato del referendum viene ignorato bellamente? Boicottare i referendum è un dovere morale di ogni cittadino.

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