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Coronavirus, “A locali e discoteche servono aiuti veri”

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In tempi di coronavirus c’è un settore economico che più di altri rischia di pagare un conto salatissimo. Si tratta di quello del pubblico spettacolo, delle discoteche, dei locali notturni e dei grandi eventi.
Nei giorni scorsi la Confcommercio ha fatto proprio l’allarme lanciato dal sindacato SILB- FIPE-EPA, scrivendo alla Regione.

«Questo comparto – si legge – lamenta di essere rimasto sullo sfondo, di patire in modo particolare il momento di profonda incertezza, e di non aver avuto le risposte che sperava dai provvedimenti presi dal Governo per arginare la crisi. Il settore degli intrattenimenti serali e notturni è un ambito economico che troppo spesso viene considerato marginale, ma è un errore: dai 15 ai 20 milioni di persone ruotano attorno a questo mondo, che in totale crea circa 1,5 milioni di posti di lavoro, 400 mila solo nelle discoteche. Un giro di affari che va dai 5 ai 7 miliardi l’anno, di cui 1,1 dalle discoteche. Numeri che indicano come il settore incida profondamente sull’economia italiana, e di come sia trainante in tutto il paese per il settore turistico, molto interessato all’intrattenimento serale e notturno».
L’intero settore è stato il primo a pagare le severe conseguenze dei vari lockdown dovuti al rischio di diffusione del coronavirus: discoteche e locali sono stati praticamente i primi a chiudere, avendo ovvie difficoltà al limite dell’impossibile a far rispettare le distanze di sicurezza di almeno un metro imposte dai decreti che si sono susseguiti nel tempo, e per la stessa motivazione sono quelli su cui c’è più incertezza per una eventuale ripresa.

«Il comparto – si legge ancora – allo stato attuale si sente completamente abbandonato dal Governo e si chiede quale ripresa potrà esserci e, se le restrizioni andranno avanti per mesi, quali ulteriori supporti il Governo intende dare. Perché i rappresentanti del comparto non sono affatto soddisfatti dai provvedimenti oggi in vigore. I provvedimenti del Cura Italia vengono ritenuti inadatti per fronteggiare la grave crisi di liquidità in cui sono incorsi i proprietari dei locali».
Le proroghe ipotizzate, inoltre, non consentirebbero alle aziende di far fronte ai costi correnti, vengono invece proposte altre misure come programmi fiscali sostenibili, la sospensione delle utenze, l’estensione del credito di imposta sul canone di locazione degli immobili (già previste per la categoria C1, cioè ristoranti e locali commerciali).
«È come uno stato di guerra e occorrono aiuti a fondo perduto, riduzione delle aliquote delle imposte dirette, dilazione a lungo termine per quelle sul reddito e di ogni altra scadenza fiscale, modifica dei meccanismi di determinazione del reddito, compresa la periodicità di presentazione dei bilanci d’esercizio e relativo versamento d’imposte. Non vogliamo sentire parlare di tasse in un momento storico in cui le nostre aziende sono chiuse, si devono pagare affitti, ricorrere alla Cig per i dipendenti».

«La speranza – è la conclusione – è anche rivolta ad una riapertura che ci si augura più repentina possibile. E’ però evidente che la ripresa sarà lenta. Ma la cosa realmente importante ora è concedere ad uno dei comparti più importanti dell’economia italiana l’attenzione che merita: sia attraverso le ipotesi di una pronta ripresa, sia attraverso nuove forme di aiuti, più consone, e sia aprendo un tavolo di lavoro che ci trova subito disponibili a collaborare e a trovare le possibili e appropriate soluzioni».

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