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“Condanniamo chi si permette di uccidere nel nostro nome”

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In testa al corteo per le vittime di Parigi c’erano loro: giovani, donne, musulmane. Presenti, senza il timore di “metterci la faccia”, per testimoniare la loro condanna nei confronti di chi spara.

In testa al corteo per le vittime di Parigi c’erano loro: giovani, donne, musulmane. Presenti, senza il timore di “metterci la faccia”, per testimoniare la loro condanna nei confronti di chi spara. E non erano le uniche, dietro gli striscioni hanno infatti sfilato anche altre persone di religioni e colori della pelle diversi.

“Siamo qui oggi – spiega Khadija Elaouni, rappresentante della sezione biellese dell’associazione Giovani Musulmani – perché, nonostante l’Islam non c’entri nulla con questa barbarie, queste persone purtroppo hanno ucciso e commesso un’azione disumana in nome nostro. Perché urlavano “Allah è grande”, anche se la nostra religione incita alla pace, non all’odio e nemmeno al razzismo, non a sgozzare chi ha una fede diversa. Maometto conviveva con cristiani ed ebrei”.

Le ragioni della loro presenza erano sostanzialmente tre: “Innanzitutto – continua Khadija – condannare senza se e senza ma quanto successo, ma anche ribadire il valore della libertà d’espressione. Da credenti, non ci piace quando sfocia nella blasfemia o nella diffamazione, indipendentemente dal fatto che si parli di musulmani, ebrei, cristiani o fedeli di altre religioni, ma questa non può e non deve essere una giustificazione della violenza. Infine siamo qui anche perché vorremmo che questo triste episodio non diventasse il pretesto per strumentalizzazioni e facili campagne islamofobe”.

Khadija non nega il pericolo del fanatismo: “Purtroppo – chiarisce – esiste, ma grazie a Dio a noi, nelle nostre comunità, non è mai successo di venirne a contatto. L’estremismo c’è e uccide anche e soprattutto i musulmani. I primi obiettivi degli estremisti sono proprio le persone come noi”.

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