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Cavicchioli sindaco e avvocato dei rifugiati

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Se fosse il personaggio di un libro di  Grisham sarebbe “L’avvocato dei rifugiati”

Se fosse il personaggio di un libro di  Grisham sarebbe “L’avvocato dei rifugiati”. «No, è una definizione che non mi piace. Molto meglio l’avvocato dei diritti civili». Lui è Marco Cavicchioli, 50 anni, avvocato appunto e “incidentalmente” anche sindaco di Biella. Il suo studio legale  è il principale punto di riferimento in città (basta sentire alcune delle cooperative che si occupano della gestione dei migranti sul territorio) per gli stranieri che cercano di ottenere lo status di rifugiato.

“Messa così sembra quasi che li faccia venire qua io per avere dei clienti – sorride l’avvocato Cavicchioli – mentre ovviamente non è così. La realtà è che mi occupo delle questioni relative all’immigrazione dal 2002, è un aspetto della mia professione. Fino al 2011 il problema dei rifugiati praticamente non esisteva , negli ultimi cinque anni, a partire dalla guerra in Mali è diventato un’emergenza”.

Un’emergenza in cui l’aspetto legale è tutt’altro che secondario se è vero che la prima cosa che fa chi scappa dalla guerra, dalla fame , dalla paura, o semplicemente scappa dal proprio paese e viene preso in carico dalle autorità italiane è appunto presentare  domanda per ottenere la protezione internazionale. Una domanda che finisce sul tavolo delle commissioni territoriali, attualmente una per Regione, che esaminano le situazioni caso per caso. E molto spesso, circa nel 65% dei casi, il parere è negativo.
«Le possibilità per un richiedente protezione sono tre – spiega Cavicchioli –  ottenere l’asilo politico quando nel paese di provenienza ci sono oggettive situazioni di discriminazione politica, religiosa, razziale, sessuale, che da diritto a rimanere in Italia cinque anni e poi eventualmente chiedere la cittadinanza; ottenere la cosiddetta protezione sussidiaria, che ti da un permesso di tre anni e vale per chi proviene da paesi in guerra o dove comunque lo Stato ha perso il controllo della situazione, tipo Libia, Siria, Mali, Nigeria, Pakistan; e infine il permesso umanitario, dove la discrezionalità di concessione è amplissima”.

E quando la commissione da parere negativo che succede? «Succede che l’interessato – prosegue Cavicchioli – può ricorrere al tribunale ordinario e di seguite nei gradi di Appello e Cassazione. Ma qui non ci siamo ancora arrivati perchè le pratiche sono recenti ”. E i casi di cui il suo studio si occupa a Biella quanti sono? « Al momento credo una cinquantina». Ma non pensa che questo sia un modo, complici i tempi lunghi della commissione territoriale e poi della giustizia italiana, per prolungare la presenza sul territorio nazionale  a spese dello Stato  da parte di chi, alla fine, spesso risulta non averne diritto? » La normativa prevede una valutazione caso per caso a discrezionalità della commissione prima e del giudice poi. Come si fa a sostenere che un ricorso è pretestuoso? Più in generale la questione va affrontata in maniera non ideologica, siamo di fronte ad un esodo epocale, non possiamo mettere la testa sotto la sabbia. E soprattutto se qualcuno ha delle alternative praticabili che non siano quelle di sparare in mezzo al mare , le dica».

Mi tolga una curiosità: se un normale cittadino si trova ad affrontare una avventura legale di questo tipo deve mettere in conto di spendere un sacco di soldi. Come funziona per i migranti che hanno un pocket money giornaliero di due euro e mezzo? «C’è l’istituto del patrocinio a spese dello Stato per tutti i cittadini con un reddito familiare sotto gli 11.500 euro, e ovviamente i migranti stanno sotto questo tetto». E l’avvocato lavora gratis? “Non proprio ma quasi, le parcelle stanno a un sesto di quelle normali e i soldi arrivano quando arrivano”.
Posso chiedere due cose al sindaco Cavicchioli? Non pensa ci sia una incompatibilità di fondo tra questi casi di cui si occupa come professionista e i provvedimenti che sulla materia deve prendere come primo cittadino? »Direi proprio di no, anche perché sono sempre stato molto attento alle eventuali incompatibilità». L’ultima: il presidente della Provincia, Emanuele Ramella, ha bacchettato duramente i sindaci sul tema immigrazione, accusandoli di scarsa partecipazione. Lei si sente chiamato in causa?

«No, perché la linea adottata dal Comune di biella è sempre stata quella di piena collaborazione con la Prefettura, che sta svolgendo un lavoro molto difficile e ha bisogno dell’aiuto di tutti: consiglio ai miei colleghi di fare altrettanto».

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