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Campane, transumanza e… il gallo che canta

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BIELLA – Stiamo diventando insofferenti ad ogni cosa. E spesso in questa insofferenza travasiamo i nostri malumori, le nostre inquietudini ed anche le nostre ideologie. Facendone un tutt’uno. Sino a convincerci di avere tutte le ragioni del mondo. Penso a quella signora o signorina che pochi giorni or sono, proprio su queste pagine, lamentava il suono delle campane alle sette del mattino, suono che turberebbe i suoi sonni, ma dovrei dire il suo primo sonno, visto che la lettrice in questione dice di provenire da un luogo ove alle undici di sera si comincia a cenare, altro che andare a dormire…
In realtà, non sono le campane a turbare la suddetta, ma ciò che le campane rappresentano e, con esse, ciò che la Chiesa rappresenta. Se così non fosse, dovrebbe essere assai più turbata dagli operatori ecologici che un’ora prima provvedono alla raccolta dei rifiuti, triturati in pesanti e rumorosissimi automezzi. E se abitasse in una grande città (una di quelle ove forse c’è chi va a cena alle undici di sera), il turbamento dovrebbe iniziare ancora prima, con il passaggio dei tram.
Ma mi tornano alla mente anche quelle persone che, da alcuni anni, nel periodo della transumanza, scrivono lettere infuriate ai giornali perché le mandrie al loro passaggio lascerebbero sull’asfalto antigieniche deiezioni. Contrariamente a quanto avviene per i cani, fortunatamente non è ancora stata emanata una legge che preveda che il margaro sia costretto a raccogliere e riporre in appositi sacchetti la cacca delle mucche. La transumanza è un evento storico che pochissime località hanno conservato, appartiene alla tradizione, al passato, alla storia di una comunità, ma queste cose si devono sapere, devono essere vissute come un patrimonio comune, diversamente si va a vivere a Milano, insieme a quella che vuole cenare alle undici di sera. E che dire di quella signora che un giorno si presentò al giornale chiedendomi di esternare la sua protesta contro il canto di un gallo che all’alba, soprattutto nella bella stagione, turbava il suo sonno? Quella tale viveva in un paese della pianura, in un’abitazione poco distante da una cascinotta ove quel gallo faceva il gallo, cantando ogni mattina. Così come le campane non sono il vero motivo di fastidio della succitata lettrice, allo stesso modo, non era il canto del gallo il vero motivo di turbamento di quell’intollerante signora, ma erano i ritmi della natura e della campagna, così lontani e diversi da quella vita di condominio e di grigi cortili silenti alla quale lei, forse senza saperlo, ambiva ed aspirava.

Giorgio Pezzana

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