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Balocco: il fascino della Bastìa

La storia di un presidio medievale legato alla coltura del riso

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Balocco: il fascino della Bastìa

Balocco: il fascino della Bastìa. Nel cuore della pianura vercellese, dove le risaie si estendono a perdita d’occhio e il tempo sembra scorrere più lentamente, si trova la frazione di Bastia. Nel comune di Balocco, un luogo dove il passato contadino si fonde con il presente.

In italiano arcaico il termine Bastia indica una fortificazione o una struttura difensiva, spesso improvvisata e il più delle volte, realizzata in campagna.

Balocco: il fascino della Bastìa

Il signor Piero racconta che ha acquistato la proprietà nel 1994 dedicandosi sin da subito, in prima persona, al rifacimento del tetto. «C’è voluto tanto tempo, non so nemmeno quantificarlo, ero sempre qui tutti i giorni». E con il meritato orgoglio mostra che a distanza di così tanti anni non entra ancora una goccia d’acqua. «L’avevamo comprata per usarla come seconda casa nei fine settimana, poi gli anni sono passati, i progetti cambiati, i figli cresciuti. E adesso a me e mia moglie piacerebbe che qualcuno si innamorasse di questo posto e terminasse quello che abbiamo solamente iniziato».

La proprietà è in vendita e chi è interessato può scrivere a binuccia.chiorino@gmail.com.

Ma andiamo a vedere la storia de La Bastia di Balocco, un presidio medievale fortificato del XIV secolo circondato da risaie. Situata strategicamente nella bassa Vercellese, la sua funzione iniziale era quella di casaforte. Un avamposto militare e difensivo in una zona al tempo contesa da famiglie nobili e potenze locali.

Durante gli anni sono stati effettuate variazioni e integrazioni come l’aggiunta di merlature e beccatelli. Sebbene manchino documenti certi sulle sue origini, si ritiene che la bastia fosse inizialmente una struttura in legno e terra. Poi evolutasi in muratura nel corso del tempo. La presenza di questo castello ha dato vita al piccolo borgo di Bastia.

Un salto nel passato

Per capire come si viveva nella frazione negli anni ‘50 e ‘60 la parola passa a Piero M., nato proprio a Bastia di Balocco. «Ci si conosceva tutti. Sia Bastia sia Balocco erano circondate dalle risaie e durante il periodo della monda arrivavano da fuori le mondine. Quando ero piccolo Balocco aveva due stabilimenti per pulizia del chicco di riso e un vecchio mulino. Era ancora un paese contadino. Altro ricordo che porto con me è legato alla pista FCA, inaugurata nel 1962 e noi ragazzini ci arrampicavamo nella rete per vedere le auto in prova. Era una cosa nuova e passavamo le ore a guardare le auto sportive».

La storia del riso

Balocco, come buona parte della provincia di Vercelli, è da secoli legato alla coltivazione del riso. Le acque del Canale Cavour e la conformazione del territorio hanno reso la zona perfetta per questa coltura. Durante la stagione della monda, da fine aprile a inizio giugno, arrivavano qui le mondine. Donne provenienti da altre regioni del Nord Italia, soprattutto dall’Emilia, che lavoravano instancabilmente nelle risaie.

Anche dal nostro territorio biellese arrivava una parte di mondine che si recavano giornalmente nei campi vercellesi. Ma, quando la distanza lo permetteva, la sera, preferivano rientrare nelle proprie case a costo di prolungare la giornata di altre due ore di tragitto. Chinarsi sotto il sole, con l’acqua alle ginocchia, strappare le erbacce a mani nude, era un lavoro duro. Ma anche uno dei primi esempi di lotta sindacale femminile nel nostro Paese.

Le mondine

Sono diventate simboli di dignità e resistenza. Con i canti, le rivendicazioni per condizioni migliori sono entrate nell’immaginario e hanno lasciato un segno profondo nella memoria della comunità. Tutto ebbe inizio verso la fine dell’Ottocento, quando alcuni gruppi di mondine iniziarono a organizzarsi sostenute da sindacati e partiti socialisti. Chiedevano la riduzione della giornata lavorativa a otto ore, salari più equi e condizioni migliori. Oggi possono sembrarci richieste più che ragionevoli, anzi, diritti intoccabili. Invece per riuscire a ottenere quello che era sacrosanto, ci sono voluti anni.

La loro lotta si manifestò attraverso scioperi, manifestazioni e proteste, alcune delle quali represse anche con la forza. Ma alla fine portarono a risultati importanti. Era il 1906 quando in alcune zone le mondine riuscirono a ottenere le otto ore lavorative. Però si dovrà aspettare fino al 1919 per il riconoscimento contrattuale a livello nazionale. La lotta delle mondine rappresenta un momento fondamentale del movimento operaio italiano. E un esempio di forza e determinazione delle donne nella conquista dei diritti sul lavoro. Un film che portò nelle case la storia delle mondine è “Riso Amaro” del 1949 con Silvana Mangano.

Balocco oggi

A poca distanza dalla Bastia e dalle risaie, il gruppo Fiat ha una delle sue piste di collaudo più importanti. Oggi conosciuta come “Balocco Proving Ground”, è gestita da Stellantis ed è un centro all’avanguardia dove vengono testati veicoli ad alte prestazioni e soluzioni per la mobilità del futuro. Accanto ai trattori e alle mietitrebbie, si vedono passare supercar camuffate, muletti sperimentali e prototipi elettrici sfrecciare tra le curve e i rettilinei del tracciato.

La Bastia di Balocco è oggi un simbolo di questo equilibrio tra passato e presente. Rappresenta la possibilità di coniugare la tutela del patrimonio storico con lo sviluppo moderno. I racconti delle mondine, le mura medievali del castello e il rombo dei motori della pista sono capitoli diversi della stessa storia. Quella di una comunità che ha saputo trasformarsi, senza dimenticare le proprie radici.

Balocco non è solo un punto sulla mappa. E’ un esempio di come anche un piccolo paese possa raccontare l’evoluzione dell’Italia. Dalla fatica nei campi all’innovazione ingegneristica, con uno sguardo sempre rivolto al futuro, ma con i piedi ben piantati nella propria terra.
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1 Commento

1 Commento

  1. Alessandro

    27 Aprile 2025 at 19:37

    Che orrore insignificante i paesi della “bassa” composti da sparuti gruppi di case tutte uguali, tutte brutte, tutte anonime, sperdute in mezzo alla piatta desolazione deprimente della pianura, umida e nebbiosa o infestata da afa e insetti. Quale fascino possa nascondersi in questa sorta di Mordor italica, non è dato saperlo.

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