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Arianna Flecchia e le sue dolci armonie con il pianoforte
Ha iniziato a studiare musica all’età di otto anni, ora oltre che esibirsi è un’ottima insegnante

Arianna Flecchia e le sue dolci armonie con il pianoforte. «Ogni pianista dovrebbe spostare la propria attenzione alla trasmissione delle emozioni che prova o vuole far provare al suo pubblico».
Queste sono le parole pronunciate dalla pianista Arianna Flecchia. Tre cose sono necessarie per un buon pianista: la testa, il cuore e le dita. Questi sono tre elementi che Arianna possiede, eccome.
Arianna Flecchia e le sue dolci armonie al pianoforte
«Ho iniziato a studiare pianoforte quando avevo otto anni – spiega -. Ero molto attratta da questo strumento e soprattutto dalla sua forma».
Da chi iniziò a prendere le sue prime lezioni di musica?
Da Enrica Maffeo. Andai a lezione da lei per due anni, durante i quali i nostri incontri vertevano soprattutto sul solfeggio. Poi iniziai a mettere le dita sulla tastiera del pianoforte. Quel giorno dissi a mio papà che era il momento più bello della mia vita. In seguito andai a studiare a Milano dal maestro Roberto Corianò. Era un grande personaggio, pur essendo giovanissimo: io avevo 10 anni mentre lui 18. L’insegnante con la quale poi mi diplomai fu Gloria Gili. Diedi gli esami di teoria e solfeggio a Novara, quello di pianoforte ad Alessandria. Mentre armonia e storia della musica a Venezia, dove ottenni il diploma all’ottavo anno. Peraltro con tre lodi in altrettanti compositori: Johann Sebastian Bach, Felix Mendelssohn Bartholdy e Claude Debussy.
Dopo aver conseguito il diploma iniziò subito a lavorare?
Sì. Ho fatto tanti concerti e concorsi sia in Italia che in Svizzera. Diciamo che il 50 per cento della mia professione è legata all’insegnamento. Ho parecchi allievi e un sogno nel cassetto: poter preparare pianisti in vista dei loro concerti tirando fuori il “patos” e la personalità che fanno la differenza. Per raggiungere grandi livelli ci vogliono ore e ore di studio. Anche io, che ormai suono da decenni tutti i giorni, studio per almeno un paio di ore.
In che cosa consiste lo studio quotidiano?
Faccio esercizi improntati sulla tecnica, provo i pezzi concentrandomi sui passaggi.
Ci racconta qualche aneddoto vissuto in tutti questi anni trascorsi con le dita sul pianoforte?
Un giorno mi trovavo al Conservatorio di Venezia per dare un esame. Faceva un caldo atroce, c’era una vetrata stile cattedrale e il pianoforte si trovava proprio accanto. Quindi i raggi del sole entravano. Era un esame molto importante e mentre mi esibivo pensavo di svenire. Ma alla fine tutto andò bene.
Lei ha sempre suonato musica classica, cosa pensa di quella moderna?
Amo anche la musica leggera, soprattutto quella dei cantautori tipo De Gregori, Venditti e molti altri. Ma il rap di ultima generazione che oggi va per la maggiore tra i giovani proprio non lo capisco.
Progetti per il futuro?
Ovviamente continuare a suonare. Mi piacerebbe organizzare qualche concerto in occasione della giornata contro la violenza sulle donne.
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