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Andriy Shevchenko si racconta nella serata di “Campioni sotto le stelle”

Teatro Sociale Villani gremito per l’ex stella ucraina del Milan

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Una serata di sport e molto altro. Le qualità su un campo di gioco di Andriy Shevchenko erano note da tempo, ma lo scoppio della guerra nella sua terra natale, l’Ucraina, ha fatto emergere un altro Shevchenko. Campione non solo di simpatia, ma anche in grado di calamitare l’interesse sulla sua patria, raccogliendo fondi e consensi in ogni parte del mondo.

Così, incalzato dalle precise e mai banali domande del giornalista Alessandro Alciato, l’ex stella del Milan (con cui ha vinto uno scudetto, una Supercoppa Italiana e una Europea, una Coppa Italia e soprattutto una Champions League) è stato l’ennesimo personaggio di successo invitato in città per “Campioni sotto le Stelle”, il format ideato e voluto dal vicesindaco Giacomo Moscarola e dal Consigliere comunale Cristina Zen, con la fattiva collaborazione della Pro Loco Biella e Valle Oropa, che ha avuto come protagonista l’attaccante ucraino, bravo sia a ricordare i passi salienti della sua storia calcistica, rispolverando alcuni simpatici aneddoti; sia in particolar modo a mettere in evidenza le condizioni in cui versa l’Ucraina.

La serata è così iniziata con un toccante video realizzato da DAZN di Sheva durante il suo viaggio in Ucraina di alcuni mesi fa. “Il messaggio che il mondo deve imparare è di non ripetere questi errori – ha detto l’ex numero 7 rossonero -. Purtroppo ci stiamo abituando alla guerra ed è difficile sentire ogni giorno di perdite umane senza sapere quanto durerà ancora. Non avrei mai immaginato un’invasione, ma la verità è che la guerra era già iniziata nel 2014. Poi un anno fa è successo quello che tutti sappiamo. Mia mamma e mia sorella hanno vissuto momenti terribili: un incubo che continua tutt’oggi. Il popolo ucraino però sta già pensando al futuro e a ricostruire: più di seicento scuole sono state distrutte, ma cerchiamo di aiutarci l’un l’altro. Però abbiamo bisogno dell’aiuto di tutto il mondo”.

 

A nove anni Sheva visse l’esplosione di Chernobyl. “Subito non abbiamo capito cos’era successo, ma mio papà era nell’Esercito per cui fu più facile avere un’idea. Poi tutte le scuole di Kiev furono chiude e intrapresi un lungo viaggio. Per fortuna mia sorella maggiore mi aiutò perché per diversi mesi fummo separati dai nostri genitori”

Il piccolo Andriy si divideva tra due passioni: il pallone e l’hockey. “Non penso di essere stato io a scegliere il calcio: è il calcio che ha scelto me. Credo nel destino, ma sono stato anche fortunato perché ho conosciuto persone determinanti per la mia vita. Sentivo di poter fare la differenza in questo sport e la determinazione non mi è mai mancata, nemmeno quando mi hanno bocciato nell’esame di calcio all’Università. Mia mamma è stata fondamentale: un angelo sempre al mio fianco. Come calciatore e come persona sono stato plasmato da Lobanovsky: un grande insegnante, che ha cambiato la mia vita, dando il suo benestare per il passaggio dalla Dinamo al Milan”.

In una carriera straordinaria, si può cercare la partita della svolta? “La tripletta al Camp Nou contro il Barcellona: forse con il Var non mi avrebbero dato il rigore – dice scherzando -. Mi seguivano diverse squadre, ma fin da bambino ho avuto un collegamento con l’Italia e soprattutto con Milano. A 14 anni, in occasione di un torneo, vidi San Siro e fui onorato quando seppi che i rossoneri stavano iniziando a seguirmi. L’accoglienza che ricevetti da Ambrosini, Albertini, Costacurta è stata pazzesca: mi hanno aiutato fin dal primo giorno e questo rapporto di sincera amicizia dura tutt’ora.

La forza di quella squadra era di essere composta da veri uomini e veri campioni. Così non fu difficile esprimere al meglio le mie qualità”.

Nel corso della serata domande speciali sono arrivate da Pirlo: “è incredibile con il fisico che aveva è riuscito a giocare a pallone. Ma era un vero genio” e da Billy Costacurta. “Un signore, con un senso dell’umorismo eccezionale. Uno dei difensori più forti che abbia mai incontrato. Ma ricordo anche Paolo Maldini: lo affrontai diciottenne con il mio Paese, speravo di essere più veloce, ma dopo pochi minuti chiesi all’allenatore se potevo cambiare fascia”.

Il derby è stato speciale. “Nella prima occasione fummo intervistati dalla Gazzetta dello Sport. C’eravamo io, Bierhoff e George Weah, che si presentò in tuta militare. Lì capii subito il valore della stracittadina. Il gol più importante arrivò nella semifinale Champions di vent’anni fa”. E sul derby di martedì prossimo il campione ucraino non ha dubbi: “ancora ci credo perché nello sport può succedere sempre di tutto. Soprattutto se ci sarà anche Leao. Vincere col Milan significa entrare nella storia del calcio, in una società considerata tra le migliori al mondo. Per me è stato un onore e un grande orgoglio”.

Ovazione del pubblico, che ha riempito il Sociale, al video del rigore contro Buffon nella finale del 2003. “Un momento incredibile, dove nessuno voleva concedere un millimetro in campo. Nel 2003-04 eravamo la squadra più forte del mondo. Nel mio futuro vedo il ritorno nel mondo del calcio e quando sarò pronto a tornare ad allenare lo dirò”.

A conclusione della serata il vicesindaco Moscarola ha ringraziato il campione ucraino: “Per me e per il sindaco Corradino, come interisti, non era facile a cavallo delle due sfide Champions invitare una gloria rossonera. A parte gli scherzi il pubblico ha reagito alla grande e siamo arrivati fino al quarto anello del Sociale, ancora meglio che a San Siro. Speriamo di poter continuare a proporre dei campioni di questo calibro”.

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