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Alessandro Santimone fa causa allo Stato per oltre 60mila euro

Dopo aver vinto la battaglia per riottenere la licenza da investigatore, l’imprenditore chiede i danni per quanto accaduto alla sua società

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Alessandro Santimone fa causa allo Stato per oltre 60mila euro. Dopo aver vinto la prima battaglia ed essere tornato svolgere la professione di investigatore privato, ora va avanti e chiede i danni.

A chi? Direttamente allo Stato. O meglio al ministero dell’Interno e alla Prefettura. Nei giorni scorsi è stata infatti notificata la richiesta di risarcimento. Assistito dai suoi due avvocati, l’imprenditore biellese 42enne chiede oltre 60mila euro alla pubblica amministrazione. Vale a dire il valore del 20% (equivalente alla sua quota) della società al momento della liquidazione, secondo la valutazione eseguita da un perito incaricato dai legali. A questa somma viene aggiunta una cifra da quantificare in giudizio per il cosiddetto danno da perdita di chance, cioè i mancati utili di questi anni. Molto probabilmente anche altri soci seguiranno la medesima via.

Alessandro Santimone fa causa allo Stato per oltre 60mila euro

Ora la palla passerà al Tar.

Questo è l’ultimo atto di una vicenda che abbiamo raccontato in passato. L’imprenditore biellese per anni ha lottato per poter riavere la propria licenza. Revocata dopo che nel 2021 un’interdittiva antimafia aveva colpito la società della quale faceva parte, la Crew Investigazioni. Un provvedimento legato a un’indagine iniziata prima che la società venisse costituita. E relativa a un’altra società con la quale il 41enne biellese non aveva mai avuto a che fare. Indagine che aveva coinvolto un suo ex socio (successivamente prosciolto). Santimone non era mai stato neppure sfiorato dall’inchiesta, eppure aveva dovuto rinunciare alla licenza e al suo impiego. L’impresa, che all’epoca faceva lavorare un’ottantina di persone, era stata messa in liquidazione.

Una disavventura kafkiana che lo aveva portato perfino a scrivere direttamente a Sergio Mattarella e a Giorgia Meloni. Senza mai ottenere risposta.

«L’interdittiva – raccontava Santimone – è stata inflitta perché uno dei soci storici, non più presente da almeno due anni, nel 2011 aveva dato biglietti gratis per assistere ai concerti ad una persona. Poi arrestata per mafia e estorsione, che a sua volta li aveva consegnati ad altri sodali, anche loro arrestati per mafia. Quindi non avendo presentato denuncia per estorsione, è risultato soggiacente alla criminalità organizzata e di conseguenza anche la Crew Investigazioni poteva essere permeabile alla mafia».

Un caso “folle”

Santimone sottolineava la data del 2011. Significava anni prima rispetto a quando aveva presentato richiesta per costituire la società e ricevuto il via libera sui nominativi che sarebbero andati a comporla.

Successivamente l’uomo che si era fatto dare i biglietti era stato assolto in primo e secondo grado dall’accusa di estorsione nei confronti dell’ex socio della Crew Investigazioni. A sua volta scagionato completamente da ogni accusa dallo stesso Pubblico Ministero che lo aveva indagato.

A quel punto Santimone – mai indagato – aveva creduto di poter tornare quantomeno a svolgere il proprio lavoro. Ma non era stato così: la sua licenza ormai era revocata, quindi avrebbe dovuto richiederne una nuova. Peccato che nel frattempo i requisiti per ottenerla fossero cambiati: serviva una laurea che Santimone non possedeva.

Rivoltosi al Tar, il 41enne aveva ottenuto da un lato l’annullamento del decreto della prefettura che disponeva la revoca della licenza. Dall’altro la rivalutazione della domanda di rinnovo della licenza stessa, in continuità con quella precedente. Senza dunque gli ulteriori requisiti attualmente richiesti per una licenza ex novo.

La sentenza del Tar

A novembre il Tar gli aveva dato ragione e la licenza era stata finalmente rinnovata.

Santimone non ha perso tempo ed è subito tornato alla sua professione, costituendo una nuova società e rigettandosi in pista come investigatore.

«Poter tornare a fare il mio lavoro ha rappresentato la fine di un incubo. Ho ricominciato a fare i pedinamenti e per fortuna ho scoperto di non aver perso la “mano”…», commenta abbozzando un sorriso.

Un sorriso che non cancella i difficili anni in cui si è sentito vittima di una ingiustizia. «La Crew Investigazioni era la mia vita, il culmine di sforzi e investimenti – spiega -. E da un giorno all’altro sono rimasto ingiustamente con un pugno di mosche. Per seguire il mio sogno professionale avevo sacrificato tanto, anche a livello familiare, ma all’improvviso mi è stato portato via tutto. Alla fine ho ottenuto il rinnovo della vecchia licenza, che mi spettava come sostenevo da sempre. Ci si sarebbe potuti arrivare molto prima. Ma per anni tutti i miei appelli e i tentativi di spiegare l’assurdità della situazione in cui ero venuto a trovarmi sono caduti nel vuoto. Se ottenessi il risarcimento, non avrei comunque indietro la mia società. Almeno mi verrebbe restituita una parte di ciò che mi è stato tolto ingiustamente rovinandomi la vita».
LEGGI ANCHE: Alessandro Santimone vince la sua battaglia

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2 Commenti

1 Commento

  1. Spillo

    17 Marzo 2025 at 21:27

    Investigatori privati, curiosi della vita altrui. Non so se dovrebbero esserci.

    • Giuseppe Torri

      17 Marzo 2025 at 23:20

      Mestiere assolutamente lecito. Per quale motivo non dovrebbero esserci?

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