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Però è un bell’uomo
Che fosse un oggetto misterioso da decifrare per poterlo raccontare l’avevo sospettato fin da quando, buon ultimo rispetto ai miei colleghi, gli avevo proposto un’intervista a cui non detti seguito per almeno due ragioni.
Che fosse un oggetto misterioso da decifrare per poterlo raccontare l’avevo sospettato fin da quando, buon ultimo rispetto ai miei colleghi, gli avevo proposto un’intervista a cui non detti seguito per almeno due ragioni.
La prima è che le interviste classiche non mi piacciono, normalmente ne escono personaggi ingessati e indigeribili, mentre tendo a privilegiare conversazioni ad ampio raggio da cui ricavare elementi per imbastire un racconto. La seconda è che, scorrendo le note sul mio taccuino, vedevo sfilare un campionario di banalità e luoghi comuni che non facevano giustizia ad un personaggio che sospettavo di altro spessore.
C’era poi una ragione personale: sapendolo coinvolto in una recente sporca operazione mediatica nei miei confronti, non sarei stato sereno e obiettivo. Meglio aspettare, meglio vederlo all’opera, prendergli le misure sul campo.
Marco Cavicchioli, quasi un anno dopo l’elezione, è meno indecifrabile e quel che ha fatto e fa vedere a diversi non piace forse perché è difficile da incasellare entro schemi noti della politica.
E’ sicuramente un alieno rispetto al mondo agonizzante dei partiti che lo ha partorito, forse per rifarsi una verginità, forse in mancanza d’altro, di meglio. Cavicchioli era un uomo senza storia politica, un foglio di carta bianca su cui forse qualcuno pensava di poter scrivere a proprio estro.
Cavicchioli era “il Cavi” attorno a cui s’era aggrumata una schiera di adoratori della rete, comunicatori in bit: aria nuova, nuovo linguaggio, nuove facce e nuove visioni per un uomo che, paradossalmente, si negava e si nega quasi civettuolamente alle visioni dichiarandosi ancorato alla realtà.
La squadra di governo non prometteva bene: il vecchio don Diego de la Presa all’urbanistica, Stefano “Titano” La Malfa ai commerci (aspettando Apicella…), il volenteroso Gaido ai numeri le uniche figure riconoscibili. E poi una serie di militi ignoti in cerca d’autore, tra cui l’ineffabile Teresa “ridens” Barresi alle cose inutili: culturaistruzioneturismosport dove “bimbe non c’è una lira”.
Navigazione difficile, tutto sulle spalle del Cavi che in consiglio viene grigliato sistematicamente da verdi e neri. Poi però tira fuori le palle e, tra l’altro (è storia di questi giorni), manda a stendere Vilmer Ronzani, suo mèntore alle primarie del PD di cui è storia e memoria.
Questo “parricidio”, su cui non intendo esprimere giudizi nè etici nè politici, diventa però la chiave per interpretare ciò che ha fatto, e presumibilmente farà, Marco Cavicchioli sindaco di Biella.
E’ il primo sindaco della Biella repubblicana che si colloca in posizione non organica rispetto al partito da cui proviene. Perchè? Perchè è un homo novus renziano senza cultura (politica), senza etica, tutto pragma e partita doppia? Perchè è la sublimazione politica di un sentimento diffuso di collera e distacco?
E’ un buon sindaco? Non lo so, non ancora. L’universo femminile di casa ufficio e dintorni, di fronte alle mie reticenze ad esprimere un giudizio, è comunque unanime: “Però è un bell’uomo.”
giulianoramella@tiscali.it
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