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L’amore materno è assoluto e incondizionato

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“Ammore ‘e mamma nu te ‘nganna” in questo proverbio napoletano è racchiusa l’essenza dell’amore materno: un amore assoluto, perfetto, totale e incondizionato.

“Ammore ‘e mamma nu te ‘nganna” in questo proverbio napoletano è racchiusa l’essenza dell’amore materno: un amore assoluto, perfetto, totale e incondizionato.
Nasce però da questo mito dell’amore perfetto e socialmente avvalorato, l’idea che porta alcune donne a provare sentimenti di colpa od inadeguatezza se non si “immolano” nel ruolo sacrificale della mamma. Con questa affermazione non voglio certo legittimare gli atti di morte ma proporre uno spunto di riflessione sul fatto che l’amore materno sottostà alla pressione di regole e stereotipi alle quali la donna deve adeguarsi, in maniera ancestrale, a questo compito di perfezione affettiva. Ecco che allora non può neanche pensare di provare rabbia nei confronti di un fagottino piagnucolante che magari la tiene sveglia per notti consecutive. Portare alla coscienza quei sentimenti di odio, di rabbia, quella sensazione di soffocamento che un genitore e, nello specifico la madre può provare, non è risolutivo ma ha una valenza preventiva per episodi drammatici. Infatti se la maternità felice, spontanea e senza problemi esiste, il suo rovescio è quel lato oscuro e lasciato volontariamente nell’ombra perché troppo spaventa e preoccupa. Una madre può restare insensibile davanti alla culla del suo bambino, provare solo freddezza, disgusto ed angoscia nel relazionarsi con lui. Una madre può rimanere paralizzata davanti al proprio bambino ed essere incapace di rispondere anche ai suoi più semplici bisogni, può non comprenderne le lacrime, le grida e la mimica; rimanere turbata da sentimenti che non immaginava che potessero esistere ed ancora meno che potessero manifestarsi proprio verso il suo piccolo. Queste donne si sentono morire dentro in silenzio, abbandonandosi alla depressione o alla follia, i due sintomi della difficoltà materna. Molto spesso la depressione è la conseguenza di un disturbo relazionale tra mamma e bambino, della sofferenza e delle difficoltà del non riuscire ad essere e a sentirsi madre.
Ecco l’importanza di iniziare a vedere la maternità come una condizione psicologica specifica e non solo come un processo fisico di sola competenza ostetrica e cercare di individuare i principali fattori di rischio sia del figlicidio che della psicopatologia nelle madri.

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