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Avrei voluto ma non posso scrivere
Avrei voluto scrivere di questa campagna elettorale, dei mezzi miserabili messi in campo per raggranellare, da una parte e dall’altra, qualche scampolo di voto in più.
Avrei voluto raccontare gli stupefacenti endorsement (si chiamano così, oggi, i balzi sul carro del vincitore) e anticipare i successivi passaggi alla riscossione.
Avrei voluto descrivere i sottoboschi dei vari candidati, fatti di ruffiani, aspiranti faccendieri alla bagna cauda, giovani già espertissimi del gioco antico del tirare la pietra e nascondere la mano, vecchi lanciatori di pupù contro il ventilatore ma incapaci di evitare gli schizzi.
Avrei voluto parlare dei proclami, delle promesse, degli impegni, dei tradimenti, degli abbiamo fatto e dei faremo. Ma soprattutto avrei voluto parlare delle assenze e dei silenzi, delle mancanze di sostanza e delle cadute di stile. Avrei perfino voluto querelare (in altra era avrei risolto con un paio di ceffoni) qualche cialtrone che mi ha tirato in ballo come supporter o spin doctor di parte politica e come manovratore di incarichi professionali.
Avrei voluto dire tutta la mia amarezza e la delusione per ciò che ci aspetta, vinca chi vuole e deve, nel futuro di questa nostra città che sprofonda nel brago, popolata di figuranti garruli che sprizzano ottimismo e di nascosto contabilizzano i futuri posti e incarichi.
Avrei voluto, ma oggi è la giornata del silenzio, dello stop alle canee urlanti, della meditazione trascendentale su colui che, da domani, sarà il condottiero di una città che non ha neppure più gli occhi per piangere.
Avrei voluto, e lo farò, vinca chi vuole e deve. Da lunedì.
giulianoramella@tiscali.it
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