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Adunata degli Alpini, ecco cosa c’è davvero dietro a quei tricolori
L’intervento di Massimiliano Turricelli, cittadino e lettore, inviato come contributo al dibattito in vista dell’adunata degli Alpini

L’intervento di Massimiliano Turricelli, cittadino e lettore, inviato come contributo al dibattito pubblico in vista dell’adunata nazionale degli Alpini.
In questi giorni Biella si prepara ad accogliere un evento di portata storica: l’adunata nazionale degli alpini. Si tratta di un’occasione straordinaria per la città, sul piano culturale, sociale ed economico. Ma come spesso accade quando qualcosa di grande arriva a turbare l’equilibrio di una realtà piccola e abituata alla quiete, si alzano anche le resistenze. Alcune comprensibili, altre frutto di una chiusura più profonda, quasi strutturale.
Si moltiplicano le voci di chi non intende aprire il negozio, sostenendo che “tanto in quei giorni nessuno avrà bisogno di occhiali o di crocchette per animali”. Qualcuno teme disordini, rumori, o semplicemente decide di approfittare delle strade chiuse per rimanere a casa e dormire. C’è chi si rifiuta di esporre il tricolore, dicendo di voler “proteggere le ragazze” o perché, in quanto pacifista, non si riconosce nella figura del soldato.
Ma siamo sicuri che chiudere sia davvero un atto di protezione? Che restare in silenzio sia una presa di posizione etica? Che il tricolore, oggi, significhi ancora guerra? Siamo sicuri che il modo migliore per reagire a un evento che ci mette alla prova sia quello di tirarci indietro?
L’adunata non è solo una festa di cori e bicchieri di vino. È una manifestazione popolare che ha radici profonde e che oggi si è trasformata in qualcosa di molto più vasto. Gli alpini di oggi non fanno la guerra: scavano tra le macerie, portano aiuti, raccolgono fondi, costruiscono legami. Sono una forza civile, prima ancora che storica. E se ci sono state – e ci saranno – persone che si comporteranno male, spetta a tutti noi non confondere le responsabilità. I comportamenti incivili vanno condannati, certo, ma senza per questo rinunciare a una partecipazione che può essere anche consapevole, vigile, attenta.
Esporre il tricolore non significa fare propaganda militare. È un modo per dire: siamo presenti. È un segno di accoglienza, di responsabilità, di partecipazione alla vita della città. Anche chi non è nato in Italia – e oggi sono tanti – può riconoscere in quel gesto un’apertura, un invito, un desiderio di dialogo. Il tricolore, oggi, non esclude nessuno. Anzi, accoglie.
Non dobbiamo nasconderci dietro la paura. Non dobbiamo difendere la libertà cancellando le feste. E non dobbiamo difendere la pace negando i simboli. Se vogliamo davvero proteggere le persone – le ragazze, i ragazzi, chi arriva da lontano – allora bisogna esserci. Aprire, parlare, accompagnare, spiegare. Illuminare. È così che si protegge.
Biella ha l’occasione di mostrarsi viva, aperta, capace. Oppure può chiudersi, come ha fatto troppo spesso, lasciando agli altri il compito di rappresentarla. La differenza, come sempre, la faranno le scelte che ognuno di noi compirà. Se alzeremo o no quella serranda. Se esporremo o no quella bandiera. Se ci saremo, oppure no.
Massimiliano Turricelli, un cittadino
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Ardmando
16 Aprile 2025 at 11:47
Mi fa molto piacere questa lettera al giornale del Sig. Turricelli che ha compreso perfettamente lo spirito e il significato profondo che ha l’Adunata. E’ vero c’è stato qualche comportamento poco corretto alcuni anni fa, ma lo vogliamo mettere a confronto con i comportamenti poco corretti dello stesso tipo che avvengono ogni giorno in ogni parte d’Italia da parte di soggetti che non solo non hanno l’utilità e il valore degli Alpini, ma che infangano il nome dell’Italia con la loro presenza indebita sul nostro suolo?
Chiudere per non partecipare: certamente la mossa vincente in quei tre giorni per quei commercianti che poi per i restanti 362 giorni dell’anno si lamentano che si vende poco. Congratulazioni.
Dice bene il Sig. Turricelli: “Se vogliamo davvero proteggere le persone – le ragazze, i ragazzi, chi arriva da lontano – allora bisogna esserci. Aprire, parlare, accompagnare, spiegare. Illuminare. È così che si protegge.”
Il tricolore sventola ogni giorno nel mio giardino e sulla mia casa, perchè io sono FIERO di essere italiano.