Gli Sbiellati
Anche per chi non può
Eccoci pronti per l’incipiente e annuale celebrazione del compleanno più festeggiato della storia. Ogni anno che passa gli stiamo a ridosso con qualche ansia in meno, grazie al fatto che i regali che dobbiamo fare li recapita il nostro e-commerce di fiducia e non Babbo Natale, che ci crediate piuttosto che no. Tra l’altro senza calarsi dal camino, ma più civilmente suonando il campanello.
Se qualcuno che mi legge fosse colto dall’irrefrenabile desiderio di farmi un presente natalizio, suggerirei una bottiglia di olio evo: ho da poco scoperto che, grazie ai recenti aumenti inflattivi (ma mi sa più speculativi che altro), costa come una cena al ristorante (che costa come un viaggio e via così alla Branduardi). Almeno potrò continuare a cucinare e a condire senza particolari sensi di colpa a ogni goccia che scende dall’oliera. Lo suggerisco anche come un buon sostituto della mirra, per gli amanti del presepe.
Il disincanto e la possibilità tecnologica di tenere a portata di mano in qualsiasi ora del giorno la realtà, o quella che in un afflato modernista potremmo già definire post-realtà, ci ha allontanato dalle buone intenzioni e da tutti i jingle bells che un tempo ci suonavano nella testa. C’era una volta il Tg, per il resto ciondolavamo più felici e inconsapevoli. Mica tutti, certo, ma con qualche pensierino buonista da dispensare tra un bicchio di vin brulé e una fetta di panettone sul sagrato della chiesa, dopo la messa di mezzanotte. Quella durante la quale magicamente apparivano tutti i Gesù bambini, fino ad allora assenti giustificati dalle loro mangiatoie presepiali.
La verità è che siamo tutti statuine dello stesso presepio. Quello con qualche bue, molti asini e nessuna stella cometa da seguire; nell’attesa vana dei Re Magi, magari anche più di tre, che arrivino a consolarci con regali un po’ più sensati di incenso e olio sacro. L’oro potrebbe andare, di questi tempi è un bene rifugio ambìto. Questa, ve ne sarete accorti, è metafora buona da leggere anche sul piano locale, ché certi presepi sembrano proprio ambientati alle falde del Mucrone piuttosto che in Palestina.
Ah, già. La Palestina. Chissà se esisterà ancora quando noi sciaboleremo il moscato dolce a mezzanotte dell’ultimo – ma non ultimo – dell’anno. E per qualcuno sarà davvero l’ultimo dell’anno e l’ultimo di sempre. A questo proposito potrebbe avere senso rivederci “Joyeux Noël” un film del 2005, candidato agli Oscar. Narra una storia vera di una Grande Guerra e una piccola pace, natalizia. Potrebbe avere senso rivederlo proprio per capire quanto poco senso abbia una guerra.
In un mondo che sta andando velocemente in pezzi, tra errori opere e omissioni di tutti noi, diventa difficile anche festeggiare un compleanno come questo. Del resto dopo i suoi 33, abbiamo perso il conto e festeggiato per inerzia noncuranti delle contraddizioni. Stiamo probabilmente vivendo il peggior Natale degli ultimi 50 anni. Alcuni si disperano inutilmente, altri ostentano indifferenza fischiettando l’ultima aria suonata dall’orchestrina del Titanic, altri ancora sono convinti, e ci vogliono convincere, che va tutto bene. Per loro magari, per quelli che restano “forse” è già un lusso.
Il resto è roba che non butteremo con l’anno nuovo, ma saremo costretti a tenerci in casa a lungo: una funicolare spenta per sei mesi; una Trossi che probabilmente lascia e non raddoppia; certi selfie di politici che umiliano la ragione e chi li pubblica; le troppe primedonne che si agitano sullo scacchiere elettorale vestite da regine senza sudditi; i proprietari dei cani che pisciano in ogni angolo di città; i commenti idioti sui social; l’analfabetismo funzionale di andata e di ritorno – mica come certi treni locali per Torino o Milano – di chi leggerà questo pezzo senza capirci una beata statuina. E nemmeno un codacons qualsiasi a lamentarsene.
Ben venga l’intelligenza artificiale, se con la nostra non riusciamo a farci nulla. Potremmo candidare quella alle prossime amministrative: gli algoritmi sono meglio di certi assessori troppo intenti a quadrare gli archi e, soprattutto, non fanno conferenze stampa ogni dieci minuti per annunciare il nulla che spesso segue l’annuncio. Abbiamo memorie corte su bugie che, proprio per questo, hanno gambe lunghe.
Eppure siamo pronti a buttar via l’anno vecchio per quello nuovo che gli assomiglierà parecchio, e, come se qualcosa cambiasse davvero, marceremo per la pace già marcita da tempo, al fianco della solita impotenza venuta ormai a patti con l’ipocrisia e l’incoscienza. È per tutto ciò che dirci Buonatale può essere difficile e suonare male, quando ci pare di vivere in un campo profughi del buon senso con la speranza razionata. Per cui. Per cui teniamoci stretti in tutte le famiglie possibili e immaginabili, celebriamo le assenze, condividiamo il cibo, gli abbracci e qualche sorriso. Anche per chi non può, anche per chi proprio non ce la fa.
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Ardmando
26 Dicembre 2023 at 17:48
Il compleanno più festeggiato della storia. Forse l’autore intende quello di Isaac Newton? Perchè se l’autore si riferisce ad altro, faccio presente che il 25 dicembre NON è la presunta data di nascita del presunto “figlio di dio” (che è tutto da dimostrare, ma questo è un altro discorso). Festa “pagana” come tutte quelle in uso al cristianesimo, sottratta a culti ben più antichi e addomesticata ad uso e consumo della chiesa, al solo scopo di sradicare culture antiche e appropriarsi dei loro riti. Ben venga la celebrazione “consumistica” perchè è più affine a quello che simboleggiava la festa originale, che nulla ha a che vedere con la presunta nascita di un presunto figlio di un presunto dio.