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Cronaca

Polizia Postale: nel 2024 casi di stalking e revenge porn su Internet

Sono state effettuate diverse ordinanze di custodia in carcere

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Polizia Postale: nel 2024 casi di stalking e revenge porn su Internet

Polizia Postale: nel 2024 casi di stalking e revenge porn su Internet

Nel corso dell’anno 2024 incisiva è stata l’attività operativa riguardo il contrasto ai reati contro la persona commessi attraverso l’utilizzo dei dispositivi informatici e i social network, e particolare attenzione è stata dedicata a tutte quelle forme di aggressione previste dal “codice rosso”. In generale, i reati contro la persona perpetrati attraverso la
rete sono in aumento. Tra questi, 1500 casi di sextortion – le cui vittime maggiorenni sono state principalmente uomini – e 264 casi di diffusione non consensuale di immagini
o video intimi, prevalentemente nei confronti di donne – che hanno portato alla denuncia di oltre 200 persone.
In Piemonte e Valle D’Aosta, la Polizia Postale ha trattato 15 casi di stalking, in aumento rispetto all’anno precedente, e 24 casi di revenge porn, giungendo al
deferimento di 14 soggetti per atti persecutori e di 13 per la diffusione di materiale esplicito destinato a restare riservato.
In tale ambito sono state eseguite a cura degli operatori del C.O.S.C. due ordinanze di custodia cautelare emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del
Tribunale di Torino a carico di due soggetti, resisi presuntivamente responsabili a vario titolo di stalking nei confronti di una vittima che sui social aveva esternato la propria
esperienza nel delicato percorso di cambio di sesso.

Stalking

La persona offesa aveva infatti denunciato di essere vittima di ripetute offese, minacce. Oltre che pubblicazioni di dati personali su diversi canali attivati presso una nota piattaforma di streaming. Il tutto mediante registrazioni e dirette in cui veniva in particolare attaccata con manifestazioni di odio transfobico. E l’obiettivo di indurla ad interrompere il proprio iter di transizione di genere o comunque di farla tacere circa la propria condizione emotiva.
All’hate-speech erano seguiti anche episodi di pedinamento fisico ai suoi danni, diffusione dei dati anagrafici, ricatti rivolti alla vittima in privato sui profili social, rinforzati anche dalla prospettazione del particolare ruolo lavorativo dell’interlocutore, che si spacciava quale “funzionario del ministero dell’interno”, in grado di conoscere in ogni momento spostamenti e dettagli della vita personale del proprio “target”, fino ad arrivare a minacce di morte.

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