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Cronaca

Valerio Vassalo sul ponte della tangenziale: “Non volevo uccidermi”

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«Non avevo alcuna intenzione di uccidermi, è stato tutto un incredibile equivoco».
A parlare è Valerio Vassallo, celebre leader animalista biellese finito suo malgrado alla ribalta della cronaca nel tardo pomeriggio di giovedì. Qualcuno, vedendolo fermo sul ponte della tangenziale, ha temuto che avesse cattive intenzioni e ha chiamato le forze dell’ordine. In pochissimo tempo, quindi, l’attivista vegano è stato raggiunto dai carabinieri e dal personale di un’ambulanza, con l’obiettivo di farlo desistere. C’era solo un piccolo dettaglio: nonostante la situazione potesse trarre in inganno, Vassallo non era lì per compiere gesti estremi.
E’ lui stesso a raccontare cos’è successo: «Avevo appuntamento con un amico – spiega – e stavo andando verso Chiavazza in bicicletta. Per non rischiare di essere investito e non intralciare il traffico, dato che non avevo i faretti e stava calando il sole, mi sono spostato sul passaggio pedonale del ponte. Non essendo ciclabile, sono sceso dalla bici e ho proseguito a piedi».
In quei momenti è stato notato da qualche automobilista: «Effettivamente – spiega ancora – mi sono fermato per rispondere a una telefonata. Una volta riagganciato, sono rimasto ancora un attimo fermo lì per scrivere un messaggio su WhatsApp».
Pochi minuti ma sufficienti a far preoccupare i passanti, visti i frequenti casi di cronaca.
«All’improvviso ho visto i lampeggianti – prosegue Vassallo -, i carabinieri scesi dalla macchina mi dicevano “passa di qua”, ma io non volevo mica togliermi la vita».
Una vicenda che si è conclusa poco più tardi: «Volevano che mi facessi accompagnare dall’ambulanza al pronto soccorso – continua -, anche perché presumo che in questi casi abbiano comunque delle responsabilità e un iter da seguire, ma non volevo assolutamente andarci, perché dal mio punto di vista non c’era ragione. Nel frattempo è arrivata un’altra pattuglia. Dato che conosco le procedure, ho cercato di agevolarli chiamando la mia compagna e il mio avvocato, così che potessero parlare con loro. Alla fine, su consiglio proprio dell’avvocato, ho accettato di essere accompagnato fino all’ospedale per poi essere dimesso lì».
E così è stato: «Quando mi ha visitato e ha capito cos’era successo – conclude l’animalista -, anche la psichiatra si è fatta due risate. Capisco che la situazione potesse essere stata fraintesa, ma assicuro che non ho alcuna intenzione di togliermi la vita: ho troppe cose da fare!».

«Non avevo alcuna intenzione di uccidermi, è stato tutto un incredibile equivoco».
A parlare è Valerio Vassallo, celebre leader animalista biellese finito suo malgrado alla ribalta della cronaca nel tardo pomeriggio di giovedì. Qualcuno, vedendolo fermo sul ponte della tangenziale, ha temuto che avesse cattive intenzioni e ha chiamato le forze dell’ordine. In pochissimo tempo, quindi, l’attivista vegano è stato raggiunto dai carabinieri e dal personale di un’ambulanza, con l’obiettivo di farlo desistere. C’era solo un piccolo dettaglio: nonostante la situazione potesse trarre in inganno, Vassallo non era lì per compiere gesti estremi.
E’ lui stesso a raccontare cos’è successo: «Avevo appuntamento con un amico – spiega – e stavo andando verso Chiavazza in bicicletta. Per non rischiare di essere investito e non intralciare il traffico, dato che non avevo i faretti e stava calando il sole, mi sono spostato sul passaggio pedonale del ponte. Non essendo ciclabile, sono sceso dalla bici e ho proseguito a piedi».
In quei momenti è stato notato da qualche automobilista: «Effettivamente – spiega ancora – mi sono fermato per rispondere a una telefonata. Una volta riagganciato, sono rimasto ancora un attimo fermo lì per scrivere un messaggio su WhatsApp».
Pochi minuti ma sufficienti a far preoccupare i passanti, visti i frequenti casi di cronaca.
«All’improvviso ho visto i lampeggianti – prosegue Vassallo -, i carabinieri scesi dalla macchina mi dicevano “passa di qua”, ma io non volevo mica togliermi la vita».
Una vicenda che si è conclusa poco più tardi: «Volevano che mi facessi accompagnare dall’ambulanza al pronto soccorso – continua -, anche perché presumo che in questi casi abbiano comunque delle responsabilità e un iter da seguire, ma non volevo assolutamente andarci, perché dal mio punto di vista non c’era ragione. Nel frattempo è arrivata un’altra pattuglia. Dato che conosco le procedure, ho cercato di agevolarli chiamando la mia compagna e il mio avvocato, così che potessero parlare con loro. Alla fine, su consiglio proprio dell’avvocato, ho accettato di essere accompagnato fino all’ospedale per poi essere dimesso lì».
E così è stato: «Quando mi ha visitato e ha capito cos’era successo – conclude l’animalista -, anche la psichiatra si è fatta due risate. Capisco che la situazione potesse essere stata fraintesa, ma assicuro che non ho alcuna intenzione di togliermi la vita: ho troppe cose da fare!».

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