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Cronaca

Sono stata seguita e molestata sessualmente

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Sono stata seguita e molestata sessualmente.
La storia
«Uno sconosciuto mi ha seguita e molestata sessualmente. In pieno giorno, in pieno centro, a Ferragosto».
Una giovane donna biellese ha deciso di parlare dello spiacevole e disgustoso episodio di cui è stata vittima, da un lato per rendere noto cosa possa significare essere donne anche in una piccola e tranquilla realtà come Biella, dall’altro per lanciare un allarme. Comprensibilmente, preferisce mantenere il totale anonimato, quindi la chiameremo Giulia, un nome di fantasia.
«Per un breve periodo ad agosto – premette la donna di circa trent’anni – ho dato una mano a una signora in vacanza, portando del cibo al suo gatto, rimasto in città. Dalla mia abitazione alla sua, Google Maps conferma, ci vogliono nove minuti a piedi, così anche il giorno di ferragosto mi preparo ed esco».
«A causa delle mie lunghissime paranoie sul mio fisico – aggiunge -, nonostante il caldo di quel giorno indosso jeans lunghi e una t-shirt a mezze maniche. Mi do solo una passata di trucco e lego i capelli in una coda di cavallo, sapendo che tanto non avrei incontrato nessuno, data la festività».
Purtroppo, invece, qualcuno lo ha incontrato, tra le 15,30 e le 16, mentre camminava lungo vicolo Galeazzo, costeggiando la scuola materna: «Avrei dovuto proseguire su via Gaspare Ravetti, ma purtroppo un signore decide di molestarmi sessualmente. Voglio che sia ben chiaro: era italiano».
Lo sconosciuto, un individuo apparentemente di oltre quarant’anni, in un primo momento la infastidisce verbalmente: «Inizialmente ha fatto un commento parlando tra sé e sé, dicendo cose che purtroppo non dimenticherò mai, né per il tono di voce né per le parole: “Uuuh, guarda che bocce quella ragazza, ho proprio voglia di succhiargliele tutte e due”. Non sono per niente una puritana, ma quando queste frasi vengono pronunciate da un uomo adulto ed estraneo, scatta prima l’incredulità di quanto stia accadendo e poi la nausea».
La reazione di Giulia è abbastanza prevedibile: allunga il passo e cerca di uscire da una situazione potenzialmente pericolosa, allo stesso tempo però vorrebbe poter fare qualcosa per segnalare il molestatore: «Ho iniziato a camminare in modo più spedito, non dandogli retta. Ero arrabbiata e disgustata, pronta però a fargli una foto per denunciarlo ai carabinieri. Ho svoltato su via Orfanotrofio. L’idea era nascondermi dietro al cassonetto della Caritas e scattare o appunto far partire la chiamata al 112».
Suo malgrado, non è andata secondo i piani: «Descrivendo la scena sembra io abbia avuto tutto il tempo di questo mondo e soprattutto lucidità – si giustifica, nonostante non abbia assolutamente nulla da rimproverarsi -, ma non è stato così. Purtroppo non sono stata abbastanza veloce e lui era in bicicletta. Mi ha raggiunta ancora prima che sbloccassi il telefono con l’impronta digitale (azione di due secondi al massimo). Si è piazzato davanti a me, si è sporto dalla bici e ha cercato di toccarmi il seno».
Dalle parole era passato ai fatti e Giulia si sentiva in pericolo. «Non so come, scioccata, sia riuscita a girarmi sulla mia sinistra, allungare leggermente il passo e chiedere aiuto a tre persone che, non ringrazierò mai abbastanza, passavano di lì».
Erano un uomo, una donna e un’adolescente: «Li ho fermati dicendo solo “scusatemi, posso unirmi a voi? Quel signore mi sta molestando”, poi una volta avuta una risposta positiva, come una ragazzina sciocca sono scoppiata in lacrime».
Grazie a queste persone, che poi l’hanno “scortata” fino a destinazione, Giulia non ha più incontrato il molestatore in bicicletta. Tutto si è quindi concluso senza conseguenze, ma solo dal punto di vista fisico. Altrettanto non si può dire psicologicamente.
«Quando succedono queste cose, leggo praticamente ovunque frasi del tipo “se l’è cercata”, “sarà stata ubriaca”, “eh, se non avesse indossato la minigonna”, “se si fosse vestita di più”, “era notte fonda, perché non era a casa sua?”… Io ero solo… io: di giorno, in jeans e poco curata, ma comunque un uomo si è sentito libero o giustificato a spaventarmi. Non è riuscito a sfiorarmi e grazie ai signori, che mi hanno anche accompagnata, si è dileguato sulla sua bici in un batter d’occhio».
Il giorno successivo ripercorrere gli stessi passi normalmente non è stato semplice: «Ho trovato il coraggio di uscire di nuovo da sola – ricorda -, ma non è per niente facile. Ho fatto tutte le strade con più persone, mettendoci anche il doppio del tempo. Qualcuno penserà che alla fine non sia successo niente e che sia stato solo un piccolo momento, ma sono cose che ti segnano».
Giulia prova quindi a descrivere le sensazioni: «Mi sentivo, nei giorni seguenti, come se avessi i piedi pesanti a camminare fuori casa e come se tutti mi guardassero. Non ho mai avuto di queste paranoie per Biella. Ho raccontato questa cosa solo alle persone a me più vicine. Mi hanno chiesto come mai non avessi fatto altre cose logiche come urlare, insultarlo, prendergli a calci la bici… Ma la verità è che sul momento, se si è increduli, non si riesce a fare niente. Almeno a me è successo questo. Inizialmente ero più incredula che spaventata. La paura è arrivata dopo, a mente fredda».
Ora vuole solo dare il suo contributo, raccontando. E dimenticare la vicenda il prima possibile: «Spero che i signori che mi hanno aiutata, che ringrazio ancora, mantengano il mio anonimato. E mi auguro che le mie parole possano aiutare a mettere in guardia altre persone in determinati momenti – conclude -. Sono la prima a dire che vivo in una città noiosa, ma non sono certo questi gli atti e i fatti per cui voglio che diventi famosa o come le grandi metropoli».

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