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Cronaca

Michelangelo Pistoletto ha vinto il coronavirus

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Cittadellarte Journal pubblica un’intervista esclusiva al maestro Michelangelo Pistoletto. Il fondatore di Cittadellarte, dopo aver accusato i sintomi tipici della malattia ed essere stato ricoverato, è risultato positivo al tampone. Nelle ultime settimane ha affrontato il Covid-19 ed è alle battute finali per vincerlo. Inizialmente, anche data l’età – 86 anni – le sue condizioni di salute hanno destato preoccupazione. Ma ce l’ha quasi fatta.
A testimoniare il suo miglioramento è proprio l’intervista apparsa su Cittadellarte Journal della quale riportiamo alcuni stralci, avvenuta in collegamento con l’ospedale di Biella.

Michelangelo, innanzitutto come stai?
Sto meglio. Dopo 3 settimane e mezzo sono sul punto di essere dimesso, probabilmente tra uno o due giorni.

Per coloro che hanno la fortuna di non avere cari coinvolti nell’emergenza, le notizie della pandemia arrivano dai principali organi d’informazione. Narrazioni mediatiche che differiscono nei toni e nei linguaggi. Ci racconti la tua personale esperienza?
La mia esperienza non è differente da quella di tutti gli altri. Chi è in cura prova un senso di totale immobilità che condividiamo tutti, in un modo o nell’altro. Io sono rimasto isolato in un ospedale perché sono stato toccato direttamente dal virus, ma per fortuna soltanto in maniera lieve.
In questo mio isolamento ho avuto la possibilità di riflettere molto: ho pensato che è un’occasione per uscire con un cambiamento da questa esperienza terribile e mondiale. Il cambiamento a cui mi riferisco è quello che stiamo preparando ormai da decenni, ossia quello relativo all’incontro delle differenze rappresentato dal Terzo Paradiso.

Sei passato dal vivere intensamente ogni giornata, nutrendola di incontri sociali, eventi, viaggi e progetti, alla solitudine di un letto d’ospedale in piena emergenza. Cosa ti ha portato questo repentino cambio di vita?
Mi sono trovato davanti alla realtà del vuoto, che si trova nel cerchio centrale della formula trinamica. Il cerchio centrale è vuoto perché aspetta dai due cerchi esterni – dove esistono gli elementi che si vanno a congiungere al centro – di avere sempre un terzo elemento tra i due, che rappresenta la creazione e lo sviluppo continui. Io, davanti a un muro bianco, in questa solitudine, ho proprio sentito il vuoto centrale – dove non esiste un’anima personale o un ego – nel quale si connettono tutti gli elementi possibili e immaginabili. Noi viviamo nella connessione di tutti questi elementi che sono a disposizione nel mondo circostante, compresi quelli facenti parte della nostra biologia. Quindi anche le emozioni sono risultati di questi incontri di elementi diversi che si combinano in un vuoto centrale. Non c’è uno stato permanente dell’ego, dell’io o un concetto di anima individuale, infatti siamo la continua connessione di elementi differenti. Sono questi che creano e producono continuamente il nostro essere.

Le connessioni, inoltre, possono avere luogo in un contesto inusuale come un ospedale: proprio ieri, infatti, ho incontrato una dottoressa che sarebbe dovuta venire in visita a Cittadellarte per dialogare con me in merito a un suo progetto. È significativo che l’appuntamento fosse fissato proprio il primo giorno della chiusura al pubblico della Fondazione (secondo il decreto ministeriale emanato l’8 marzo per il contenimento del contagio). Il nostro incontro sarebbe stato posticipato chissà a quando… eppure una stanza d’ospedale ha permesso che questo confronto avvenisse.

Da sempre operi per il raggiungimento di un’armonia tra natura e artificio, come esplicato dal simbolo trinamico. Mai come in queste settimane può essere fondamentale lavorare a un equilibrio sociale, tra sanità ed economia. Come arrivarci? Qual è, secondo te, il viatico per camminare verso il Terzo Paradiso?
Bisogna trovare nuove energie sostitutive a quelle inquinanti – come il petrolio – che stanno minando la salute del nostro pianeta. Quindi dobbiamo fare uno sforzo sia nella sanità sia nella ricerca di energie nuove che risolvano i problemi ecologici. Queste potrebbero permettere di rinnovare tutti gli impianti che abbiamo usato finora, i veicoli, gli aerei… tutto! Si tratta di un processo che richiede tempo, ma è un cambiamento che potrebbe portare, per un lungo periodo, stabilità per tanta gente. C’è bisogno, infatti, di individuare sistemi per dare lavoro, perché la mancanza di questo è una disgrazia che porta alla miseria. Il grande sforzo è da una parte rinnovare l’energia, nel senso pratico quella produttiva, dall’altra avere la capacità di prevedere quelli che possono essere i virus e di conseguenza le capacità di creare vaccinazioni. E una vaccinazione nella società economica sta nel trovare nuove energie.


Michelangelo, cosa ci aspetterà nel futuro? Che idea ti sei fatto di questo periodo storico senza precedenti?
Considerando che la gradualità è un fattore determinante, penso che il futuro non porterà immediatamente a dei cambiamenti. Dobbiamo avere un obiettivo: noi, anche se partiamo da Biella, con questo simbolo universale della creazione dell’equilibrio, dobbiamo avere coraggio e pian piano cercare di lavorare per incontrare altri che sono impegnati nella stessa direzione per la rigenerazione della società. Siamo arrivati al culmine di un processo dell’homo sapiens sapiens. Adesso quest’ultimo viene completamente assorbito dai sistemi tecnologici – e quindi finisce la sua strada – oppure trova l’equilibrio tra il suo essere e la tecnologia. Sapiens non vuol dire soltanto intelligenza, ma significa che c’è un’umanità fatta della dimensione naturale e animale. Noi, infatti, siamo sempre animali, ma con un sapere: questo deve dare un equilibrio alla nostra esistenza. Non è necessario, inoltre, che l’homo sapiens sapiens lasci il futuro per fare spazio all’ipotetico ‘homo tecno’, basterebbe che il primo regolasse l’equilibrio con la tecnologia che ha sviluppato.

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