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Celiaci della vita sociale

Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio

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Fonzarelli di provincia

Si sa che questa rubrica non ha nulla di nuovo da offrire, né a me né a voi, se non le varie e poco differenti sfumature in cui si declina la biellesità in quanto tale. In ogni caso, in mezzo a tutta questa piuttosto ordinaria amministrazione, c’è un aspetto che mi resta poco chiaro. Ovvero, se questa condizione è di per sé rassicurante oppure ci resta sottopelle come una fastidiosa parestesia con la quale convivere.

A occhio punterei sulla prima possibilità, confortante come qualsiasi resistenza al cambiamento che si rispetti: il nuovo, anche se migliore, fa sempre un po’ paura. E così ci balocchiamo tra le reciproche sbiellate, ciechi alle nostre, ma dotati di super vista come Superpippo a quelle degli altri, complici le noccioline dispensate dai social in cui ci crediamo tutti supereroi mentre non ne siamo che la parodia. Vita di provincia insomma, senza peculiarità statistiche di rilievo. O forse una: quella di provincia più vecchia d’Italia, o giù di lì. Sarà forse questo che alimenta certe intolleranze fuori misura, trasformandoci in celiaci della vita sociale.

Difatti, alcune manifestazioni che l’estate ha messo in fila hanno anche presentato un notevole listato di proteste: musiche e rumori molesti, disagi assortiti per l’allestimento le più gettonate al juke-box del risentimento. Mi sento però in grado di rassicurare gli alfieri del lemma “succede solo a Biella”: non è vero, accade più o meno ovunque, magari con un diverso grado d’intensità. A ogni operatore che si rispetti è capitato di lavorare con un fonometro sul banco regia, con tutta la frustrazione che ciò comporta, a seconda dell’ordinanza di riferimento. In fondo – molto in fondo – è anche giusto così.

Di tutt’altra faccenda si tratta però nel caso si trasformi una piazza del centro città in una discoteca all’aperto da mezzanotte alle due, anche se innaffiata da litri di birra d’autore. La tipologia di musica e le relative frequenze basse risultano moleste a prescindere, oltre che, con ogni probabilità, fuori contesto. In ogni caso, mi è sempre sfuggita la logica secondo la quale debbano avere la meglio una decina di proteste sulle migliaia di partecipanti.

Al di là delle folkloristiche prese di posizione di amministratori dal piglio “decisionista”, va detto che sono situazioni prevedibili e le ordinanze rispecchiano una decisione amministrativa che non può essere messa in gioco alla prima telefonata di protesta. Con buona pace di chi, invece di godere di un impeto di vivacità cittadina, invoca il riposo come diritto inalienabile, perché magari il giorno dopo “deve andare a lavorare”, dimenticandosi di tutti quelli che, invece, proprio in quel momento stanno lavorando. Vivere nei pressi di un aeroporto è peggio, molto peggio.

Vabbè, nulla di nuovo, come si diceva in premessa. A questo aggiungiamo il fatto che secondo l’archetipo locale le attività ludiche e culturali non fanno parte di quelle economiche, chissà in funzione di quale perverso, e conservatore, ragionamento. Che la lamentela del biellese tipo sia un riflesso pavloviano è ormai assodato.

Detto questo possiamo spostare la riflessione sull’ansia da prestazione degli amministratori locali e degli organizzatori delle manifestazioni in questione. Non so se ci avete fatto caso, ma non fa in tempo a finire una manifestazione che i responsabili sono pronti a diffondere un comunicato a reti unificate (questo perché tutti i media lo riportano senza analisi) in cui si certifica, a detta loro, la presenza di millemila persone.

Ora, capisco che per la partecipazione a bandi e progetti e alla sensibilizzazione di eventuali sponsor e standisti questo sia un dato sensibile e utile alla promozione di sé, ma un sano principio di realtà non sarebbe male. Magari esagerando un pochino, ma con pudore. I numeri che ho letto mi paiono francamente strambi, per usare un eufemismo. Un po’ come dare i numeri, compendiando la metafora con la lettera.

L’unico numero affidabile, nel caso di manifestazioni, è quello dei biglietti staccati. Negli eventi gratuiti possiamo divertirci bluffando tra passaggi e percezione. Questa però è un’osservazione che non è funzionale a denigrare in qualche modo il successo, o presunto tale, di una manifestazione, ma a sottolineare che il numero dei partecipanti non è l’unico parametro di qualità o quello che conferisce un maggior appeal turistico e promozionale. Anzi, spesso non lo è proprio. Ed è un principio che ogni amministrazione dovrebbe avere ben chiaro, invece di inseguire chimere di effimero successo.

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