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Attualità

Una pandemia che fa a pezzi la memoria

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di Giorgio Pezzana

Quanto bene ha fatto questo giornale a raccogliere, sul numero di mercoledì scorso, la testimonianza della signora Maria Pelle, classe 1924, che ha ricordato il dramma della guerra che ha vissuto. Testimonianza di un’epoca nella quale il pane si acquistava con la tessera e il resto al mercato nero. Una testimonianza che ricolloca nelle giuste proporzioni la tragedia di quegli sciagurati cinque anni di conflitto e questi giorni di pandemia che molti, un po’ avventatamente, definiscono “guerra”.

Però, quando tutto sarà finito e faremo la conta definitiva di chi non c’è più, ci accorgeremo che anche questa battaglia senza fucili e senza bombe, ci avrà privati di un qualcosa di importante. Ci avrà rubato la memoria di tanti anziani, che se ne saranno andati tutti insieme nel volgere di poche settimane. E con loro se ne saranno andati antichi saperi, manualità sempre più rare, racconti di vita vissuta che senza la cadenza stanca delle loro voci appariranno più remoti, più sbiaditi, meno nostri.

Accade quando il passato si traduce in storia, quella che puoi leggere sui libri o… in nulla. E sarà proprio questo nulla a mancare di più, il nulla che va oltre le guerre, i condottieri, i santi e gli eroi e che si nasconde dentro a vecchi proverbi in dialetto, a consigli sussurrati e rassicuranti sorrisi, ai ricordi che ci raccontavano di tante esistenze tribolate e semplici, parole scritte in bella calligrafia su di un foglio a quadretti o dietro ad una cartolina ingiallita.

Scopriremo così che il coronavirus non ci avrà sottratto solo la libertà di qualche cena al ristorante o di qualche serata con gli amici, ma ci avrà portato via per sempre il suono di molte voci, quelle di chi sapeva tradurre in speranza un affanno. Come la signora Maria che ci ha ricordato che la pandemia è una cosa seria ma… “La guerra era un’altra cosa”.

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