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«Sono sempre stata la matta dal cavagnat»

Mariside Gallo, classe 1943, nata a Villa Ranzoni, ricorda gli anni da ragazza e la sua Cossato

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COSSATO – Mariside Gallo, classe 1943, è nata a Villa Ranzoni, nella parte che attualmente ospita gli uffici comunali dedicati all’Istruzione, Cultura e Sport, e oggi ritorna con la memoria agli anni Cinquanta/Settanta.

«Oltre il grande portone in legno, ancora presente, vivevano sette famiglie, ognuna aveva un orto e la buschera, la legnaia – racconta -. Il pozzo invece era uno, in comune. Gli appartamenti della contessa Ranzoni si trovavano accanto, separati da un muro. Appena fuori dalla porta c’erano degli scalini e un panca e di sera ci incontravamo tutti lì a fare una chiacchierata. Si rideva e si scherzava. Io posso dire che vivevo bene.

Dall’altra parte della strada verso la cuntra fréggia, via Don Minzoni, c’era la casa, in cui abitava Ermanno con i suoi genitori, che è poi diventato mio marito. Abbiamo trascorso la gioventù insieme. Eravamo tanti giovani, quasi tutti coscritti. Dove la strada faceva angolo, c’era una vineria, in cui vendevano vino sfuso e anche a bicer, a bicchiere. Accanto c’erano una pennoira, una pettinatrice, un alimentari, un negozio di carta, con una stanza in cui verniciavano, e ancora più su, vicino al municipio, c’erano il mobilificio Altea e il dottor Pandale.

In piazza Piave c’era il cinema Grandi, nell’ex chiesetta di San Rocco, che oggi ospita un gommista, e in cui proiettavano film sabato e domenica. Andando oltre, verso quella che oggi è piazza Croce rossa, passava la Stronetta, che era un ruscello in cui si lavavano i piccoli panni. Scorreva vicino a quello che adesso è un bar, in piazza Piave, e poi rientrava nel torrente Strona, dove si andavano a lavare le lenzuola, con la panca in legno, su cui ti dovevi inginocchiare. Le donne scendevano al torrente più a monte, dove oggi c’è un supermercato. Davanti al cinema Micheletti, oggi Teatro comunale, passava il trenino, la cui stazione si trovava dove adesso c’è la fermata del bus in via Mazzini. La fermata per Lessona invece era al Vallone. Attraversava il torrente nella zona dal Mulin, dove facevano il pane. In piazza Piave c’era anche una ferramenta, il cui proprietario non voleva che giocassimo a pallone. Io ero una fra le poche ragazze e spesso giocavo anch’io con i maschi, di solito nel ruolo di portiere, ma se passava qualcuno, mi spostavo da una parte, perché a quei tempi non era consueto che una ragazza giocasse a pallone.

Sull’altro lato della piazza, c’era un uomo che faceva botti. Mio papà Paolo e mio zio Mario invece facevano ceste, che all’epoca si diceva cavagne, che si usavano anche per fare vendemmia. Per una vita sono stata la matta dal cavagnat. Si prendeva il nome dall’attività di papà. La mamma, Teresina Botto, lavorava dai Fratelli Fila. Ho tutto nella mente e a parlarne rivedo come se fosse ieri. Per un po’ mia mamma aveva aperto un negozio di ceste in piazza Gramsci. Il giorno della fiera di San Rocco, ne facevamo pile enormi e le vendevamo, facevamo fora tut, vendevamo tutto. Io lavoravo alle Manifatture Gallo e alla domenica andavo ad aiutare a fare le fiere».

Ar.A

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