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“Si chiama servizio di emergenza mica per caso”

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“Non sono in grado di fornire numeri e statistiche, ma sicuramente si tratta di un fenomeno diffuso e che tende a crescere».

«Non sono in grado di fornire numeri e statistiche, ma sicuramente si tratta di un fenomeno diffuso e che tende a crescere». La vicepresidente del comitato di Biella della Croce Rossa, Antonella Ziglio, conferma il quadro sconfortante delineato dal volontario biellese: «Molte volte, soprattutto per le ambulanze di base, capita di arrivare a casa di persone che senza dubbio avrebbero potuto raggiungere l’ospedale o farsi curare in altra maniera. Spesso non si tratta di reali emergenze». Vale la pena di ricordare che esistono altre opzioni: «In molti casi – prosegue Ziglio – al pronto soccorso ci si può arrivare tranquillamente con la propria auto o facendosi accompagnare da un familiare. Inoltre, se non ci si sente bene e non si tratta di un’urgenza, ovviamente ci sono i medici di base».
Concetti che meritano di essere ribaditi, anche perché a volte la superficialità di chi chiede l’intervento del 118 pur non avendone necessità può risultare determinante per chi sta male davvero.
«Purtroppo capita – conferma Ziglio – di impiegare più tempo per soccorrere chi ne ha davvero bisogno, perché sei altrove, impegnato con un altro intervento meno importante».
Bisogna però distinguere tra caso e caso: «E’ ovvio che in presenza di un forte dolore toracico – chiarisce la vice presidente – chiunque si spaventa e teme possa essere qualcosa di grave. Nel dubbio, fa benissimo a telefonare al 118. Così come fanno bene le persone anziane. Diverso è se si tratta di disturbi minori o non potenzialmente pericolosi».
Ziglio difende poi l’operato della centrale del 118: «Mi metto nei panni di chi a Novara riceve la telefonata – spiega -. Di fronte a certe segnalazioni, gli operatori, che non possono né vederti né fare tutte le valutazioni necessarie, non possono prendersi la responsabilità di rispondere “vada all’ospedale con la sua auto perché non mi pare né grave né urgente”». Quindi tutto dipende  dal buon senso delle persone: «Ci vorrebbe una cultura diversa per il servizio d’emergenza – conclude -. Basterebbe pensare che si chiama così mica per caso».

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