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Piemonte ancora rosso scuro nella mappa europea del rischio

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Nonostante il lieve calo nei numeri della pandemia, il Piemonte in Europa resta rosso scuro. In questi primi giorni di aprile, secondo la mappa aggiornata ogni giovedì da Ecdc (Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) che si basa sul report relativo al periodo 22-28 marzo, la nostra regione continua a rimanere, come le due settimane precedenti, nella fascia ad alto rischio di contagio da covid. Anche se l’Rt è calato appena sotto l’1 e la percentuale di positività dei tamponi si è ridotta dal 14.2 al 13.8%, restano più di 250 casi di contagio ogni 100mila abitanti. Un dato quest’ultimo che non permette al Piemonte di uscire dall’emergenza.

La situazione in Italia

Insieme al Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Emilia Romagna, Puglia e Marche – e alle province autonome di Treno e Bolzano – questa settimana la new entry in zona rosso scuro è la Valle D’Aosta. La Campania, che la scorsa settimana era in rosso scuro, torna rossa. Così come lo è il resto d’Italia, ad eccezione della sola Sardegna in arancione.

La situazione in Europa

Dando uno sguardo all’Europa, peggiora la situazione in Francia – che ha infatti appena varato nuove restrizioni, con chiusura delle scuole e coprifuoco addirittura alle 19 -, in particolare in otto regioni orientali, così come il Benelux e il Lussemburgo. Aumentano i contagi anche più a est, in Polonia e a nord, in Svezia. In verde – condizione che si verifica quando il tasso di notifica di 14 giorni è inferiore a 25 casi su 100mila abitanti e il tasso di positività è sotto il 4% – solo una piccola porzione della Norvegia.

Rosso scuro, cosa cambia per i cittadini

In Europa dunque, nelle zone in rosso scuro – dove l’incidenza dei contagi è sopra la soglia dei 500 casi ogni 100mila abitanti negli ultimi 14 giorni –  quindi a più alto rischio, si hanno maggiori limitazioni per ciò che riguarda gli spostamenti: obbligo di tampone e quarantena per chi da quelle aree vuole muoversi nel resto dell’Unione Europea. Per la verità si tratta di raccomandazioni per tentare di contenere la diffusione dei casi da Sars-CoV2, più che di vere e proprie misure restrittive imposte dai governi.

 

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