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Lo sfogo di un dipendente dello stabilimento Stellantis di Verrone

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Riassunto

Interi reparti al freddo, pulizie poco frequenti e lavoro meno sicuro allo stabilimento Stellantis di Verrone.

Il malessere lavorativo è un tema più che mai attuale, eppure non se ne parla ancora abbastanza. Soprattutto se ci si deve confrontare con multinazionali, i cui strumenti sono incomparabilmente enormi rispetto al singolo dipendente, che si sente così disincentivato a denunciare anche situazioni di profondo disagio. Arriva però un momento in cui la sensazione di svilimento diventa così intensa e lacerante da sgombrare ogni timore, lasciando spazio alla parola e al coraggio.

È questo il caso di uno dei dipendenti dello stabilimento Stellantis di Verrone, assunto nell’ormai lontano 2008. «In quel periodo – ci racconta – lavorare per l’ex Fiat era motivo di vanto e di orgoglio. Fare parte di questa realtà generava invidia in coloro che operavano in altre aziende del settore automotive».

Fiore all’occhiello dei cambi per i veicoli del gruppo che fu Fca, lo stabilimento all’epoca contava una forza lavoro di circa 800 dipendenti. Il “sogno Fiat” sembra mutare in seguito alla fusione con Peugeot da cui nasce Stellantis. Da lì a poco, secondo il dipendente, le cose cambiano velocemente e arrivano i primi licenziamenti incentivati che, insieme ad altri fattori, concorrono a diffondere una certa preoccupazione nei vari reparti.

«Negli ultimi anni – afferma il dipendente – c’è stato un forte declino. La mala gestione da parte della direzione si fa sentire tutta, il malcontento diffuso ha portato a un “fuggi fuggi” generale».

La qualità e la sicurezza del posto di lavoro, pilastri fondamentali sui quali posava l’azienda, si sarebbero incrinati registrando un aumento di infortuni e licenziamenti.

«Invece di risparmiare sullo scarto di produzione – prosegue – Stellantis ha scelto di tagliare sul riscaldamento lasciando interi reparti al freddo. Inoltre, le pulizie generali, sempre meno frequenti, hanno reso il lavoro sulle linee meno sicuro e decisamente più degradante».

Dalla loro parte il sindacato Fiom che, pur non essendo firmatario, aveva già manifestato lo scorso anno una certa preoccupazione riguardo al futuro dello stabilimento, sottolineando come la perdita di volumi non giustificava comunque un calo così drastico della forza lavoro e una diseguaglianza così forte tra il compenso dell’Ad e la paga operaia.

«Ormai la direzione che ha adottato l’azienda è chiara – conclude il dipendente – si cerca di portare allo stremo i dipendenti, in modo da farli andare via a costo zero; tutti utili e nessuno indispensabile, ragionamento che vale per tutte le categorie, dalle maestranze ai devoti colletti bianchi. Questo modo di concepire e trattare le persone non può sicuramente creare un futuro, ma può tranquillamente distruggere il quotidiano, rendendo il presente più amaro di quanto già non lo sia».

Una situazione di malessere confermata dalla stessa Fiom: «Continuiamo a denunciare da tempo – spiega Filippo Porcari, segretario biellese del sindacato metalmeccanico – che il passaggio da oltre 600 dipendenti a poco più di 400 nel giro di pochi anni ha peggiorato innanzitutto le condizioni di chi è rimasto. Anche per questo non abbiamo firmato l’ultimo accordo sulle uscite volontarie, perché sapevamo che i “costi” sarebbero caduti su chi restava: il fatto che i lavoratori in uscita non siano stati reintegrati nemmeno in minima parte ha generato un effetto “svuotamento” dello stabilimento. Non a caso sono seguiti peggioramenti dal punto di vista del riscaldamento e delle pulizie».

«Ci sono tanti piccoli grandi segnali – prosegue Porcari -. Ad esempio ora nei periodi in cui una parte del personale è in cassa integrazione, per gli altri che lavorano non c’è più il servizio mensa, né quello di trasporto per chi arriva da Ivrea o Chivasso».

«Nonostante lo stabilimento di Verrone sia uno di quelli del gruppo ad aver ottenuto il premio più consistente – continua -, a rimarcare le competenze e la capacità dei lavoratori del sito produttivo, le condizioni di lavoro sono lievemente migliorate esclusivamente grazie all’opera delle attività sindacali messe in campo dai delegati di fabbrica e dei lavoratori, che nel corso del solo anno scorso hanno dovuto scioperare ben quattro volto. Il premio riconosciuto è una vittoria di Pirro erosa dalla cassa integrazione a singhiozzo che coinvolge lo stabilimento di Verrone da ben quattro anno. La manutenzione dei macchinari, promessa dall’azienda, sta avvenendo lentamente e cannibalizzando i pezzi di ricambio delle macchine dismesse dalla riduzione del personale, che negli ultimi quattro anno ha determinato la perdita secca di almeno 250 posti di lavoro, consegnando lo stabilimento ad un incerto e indecoroso futuro».

 

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4 Commenti

4 Comments

  1. Pier Giovanni Malanotte

    1 Marzo 2023 at 12:37

    a mio vviso, più che lamentarsi degli ffetti, è opportuno cercarne la causa, e, di poi, iv i trattare.

  2. SPILLO

    1 Marzo 2023 at 13:34

    Penso che automotive in Italia vada a finire, perlomeno per i grossi volumi, visto che al momento c’è richiesta di lavoro, bisogna approfittarne per cambiare.

  3. Giovanni Leonardi

    1 Marzo 2023 at 21:25

    È tutto finito. Il disegno della proprietà, di natura unicamente finanziaria, è compiuto. Loro hanno spostato la sede all’estero. Ora i nuovi padroni sono i francesi a cui interessavano unicamente i brand e gli asset. Stop. Ora azzerano il capitale umano italiano: ci stanno fisicamente e metodicamente cancellando.

  4. Christophe

    2 Marzo 2023 at 6:50

    Buongiorno.sembra quasi di ritornare indietro agli anni 70.SCIOPERO e picchettaggi.ma le persone che lavorano nello stabilimento non sono tutelate??

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