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La lunga carriera dell’urologo Ivo Dato
Nelle scorse settimane è stato nominato consigliere nazionale dei medici cattolici
La lunga carriera dell’urologo Ivo Dato. Nelle scorse settimane è stato nominato consigliere nazionale dei medici cattolici. Noto specialista, ha prestato la sua opera per oltre 40 anni all’ospedale di Biella ed è in pensione solamente da pochi mesi.
La lunga carriera dell’urologo Ivo Dato
«Sono molto onorato di questo nuovo incarico – spiega Dato -. L’associazione si ispira al Magistero della Chiesa. I valori che trasmette il clero, tramite il nostro assistente ecclesiastico nazionale Edoardo Menichelli, vengono portati avanti. Come la tutela della vita dall’inizio alla fine: va seguita e tutelata. Altri ambiti si sono sviluppati negli ultimi decenni. Recentemente si è parlato dell’intelligenza artificiale, di rischi e benefici. Il medico cattolico non è rimasto ai principi oscurantisti. Ovviamente siamo contro l’aborto e l’eutanasia, ma restiamo sempre aperti al dialogo. Non siamo per l’accanimento terapeutico, ci sono certe tematiche sulle quali si può discutere».
La sua è una lunga carriera di medico
Mi sono laureato a 25 anni nel 1984 all’Università di Torino. Ho ottenuto la specializzazione a Pavia e nel mezzo ho prestato il servizio militare nei Carabinieri a Vercelli. Quando non ero di servizio frequentavo il reparto di urologia del vecchio Ospedale degli Infermi di Biella.
Perché ha scelto di fare l’urologo?
Avevo avuto in famiglia la vicissitudine di mio nonno che era stato operato di prostata da un luminare di Bari. Già a quei tempi aveva fatto l’intervento a tempo unico, quindi in una sola fase. Io quale appassionato di medicina rimasi colpito.
Quindi la sua lunga carriera iniziò da Biella?
Non proprio, nel senso che all’epoca al “Degli infermi” non c’erano posti disponibili per portare avanti la specializzazione che durava cinque anni. Frequentai quindi gli ospedali di Vercelli, Varese e Piacenza. Nel 1981 mi presentai a Biella dall’allora professor Alessandro Gibba, chiedendogli di poter frequentare il suo reparto. Ovviamente non fui assunto subito dall’Asl, beneficiavo di piccole sostituzioni di colleghi che andavano avanti nella carriera. Una sorta di precariato che però implicava la presenza in reparto dal mattino alla sera, l’aiutare i colleghi anche nelle cose più banali, come ad esempio redigere le cartelle cliniche. Tutti compiti che al giorno d’oggi sono considerati ostici. I giovani vogliono andare subito in sala operatoria, misurarsi con la “laparoscopia”. Una volta invece, prima di mettere i piedi nel blocco operatorio, ci voleva il benestare degli strutturati più anziani.
Il suo primo contratto a tempo indeterminato quando arrivò?
Fui assunto nel 1988 con un contratto a tempo indeterminato che si è concluso quest’anno. Ha avuto solo una breve interruzione di circa un anno nel 2008, quando virai al privato e poi ritornai all’ospedale.
Ora che è in pensione prosegue in ambito privato?
Si. Continuo la mia attività nello studio come consulente. Ho pazienti che seguo da molti anni. La mia specialità è ampia, per cui ho sempre trattato l’urologia generale al cento per cento e poi mi dedico alla sottobranca dell’incontinenza urinaria e dell’andrologia. Sono iscritto alla Società italiana di andrologia e urologia da anni. Ci terrei in particolar modo a parlare anche di un’altra associazione che mi vede presidente. Si chiama “Amare Biella”. E’ nata nel 2021 e si occupa delle malattie renali che sono purtroppo molto diffuse, miriamo soprattutto alla prevenzione. Conta circa una trentina di soci. L’obiettivo è quello di ampliarla e di avere contatti con la direzione Asl. Abbiamo ottenuto nel recente passato, grazie al contributo della Fondazione Crb, la possibilità di avere in città due studenti in medicina. Hanno portato avanti degli studi sulla malattia renale in due ambiti: oncolgico e nefrologico chirurgico. L’intento è quello di proseguire studi e collaborazioni che possano creare situazioni favorevoli al paziente e soprattutto alla prevenzione delle malattie renali.
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