Attualità
La crisi Conbipel travolge anche Biella
Quello de Gli Orsi è uno dei 50 punti vendita a chiudere
La crisi Conbipel travolge anche Biella. La storica azienda da tempo attraversa una grave situazione economica, con circa 400 dipendenti sul territorio nazionale che vivono nell’incertezza. Sindacati, manager e dirigenti ministeriali si confrontano sul futuro della casa d’abbigliamento per uomo, donna e bambino.
Nel frattempo anche il negozio de “Gli Orsi” ha abbassato la serranda, senza preavviso o comunicazioni per i dieci dipendenti con contratti a tempo determinato e indeterminato.
La crisi Conbipel travolge anche Biella
Nelle scorse settimane sembrava che il negozio dovesse solo spostarsi all’interno del centro commerciale. Invece, in settimana, è arrivata la doccia fredda, comunicata da un rappresentante dei vertici aziendali. I lavoratori hanno continuato a lavorare per imballare vestiti e materiale vario, da spedire ad altri punti vendita del marchio di Cocconato (in provincia di Asti). Senza però sapere cosa fare a partire da lunedì della prossima settimana.
A rammaricare i lavoratori e i sindacati i conti in ordine del negozio biellese. Che però non sono bastati per salvarsi da una crisi profonda che colpisce l’intera catena di vestiti presente in città da oltre quarant’anni.
Nell’ultimo faccia a faccia tra rappresentanti dei lavoratori ed i dirigenti aziendali, a Roma, è stato illustrato un possibile piano di rilancio dell’intero marchio. Un pieno che prevede anche la chiusura di ben 50 punti vendita tra la fine del 2024 e il 2025.
Non solo Biella
Biella quindi è solo una delle tante sedi colpite dalla dolorosa operazione di ristrutturazione aziendale, che potrebbe toccare anche al negozio di Vercelli. Diverse altre sono le sedi soppresse in giro per l’Italia. Saracinesche abbassate di recente pure ad Atripalda, dopo la chiusura di punti vendita in Campania, a Salerno, Nola e Pontecagnano.
Dopo una crisi nel 2020, l’azienda era passata a BTX Italian Retail and Brands, ramo italiano di un gruppo internazionale danese, controllato da una finanziaria di Singapore. Tra gli azionisti figura “Invitalia”, cioè l’agenzia del Ministero dell’Economia il cui obiettivo è attrarre investitori stranieri nel Paese.
La storia di Conbipel
La storia di Conbipel è emblematica del successo travolgente del Made in Italy nel settore della moda e dell’abbigliamento negli anni Ottanta e Novanta. L’azienda è sorta nel 1958 grazie a Franco Massa, piccolo imprenditore della pelletteria morto nel 2023 ad 83 anni.
Quella che all’inizio era un’attività artigianale si era evoluta, fino a diventare – grazie anche ai numerosi spot televisivi – leader nel confezionamento di capi in pelle di qualità. La produzione si era ampliata anche oltre il settore della pelletteria con l’introduzione del tessile e l’apertura di tanti negozi. Così da arrivare a ben 180 punti vendita. Alcuni di essi contenevano pure spazi per sfilate di moda.
A rendere irreversibile la situazione biellese, la scritta “chiuso definitivamente”, presente sui motori di ricerca e la cancellazione dall’elenco dei marchi nel portale del centro commerciale.
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Ardmando
31 Ottobre 2024 at 16:31
Ecco cosa succede quando gli imprenditori italiani preferiscono vendere agli stranieri invece di rimboccarsi le maniche e lottare per uscire dalle difficoltà come fanno in tanti. Allora la qualità dei prodotti cola a picco (la qualità dei prodotti Conbibel era scesa in modo vertiginoso dopo la cessione allo “straniero”) preferendo il made in asia pur continuando ad alzare i prezzi. E nonostante tutto, lo straniero incapace (se tagli la qualità e alzi i prezzi, MAGICAMENTE le vende calano, vista la spietata concorrenza di tanti altri brand “made in asia”) arriva al collasso e deve far entrare in società lo Stato Italiano che con i soldi dei contribuenti, cerca di salvare il salvabile. Ed è questo che è profondamente sbagliato. Se una azienda è incapace e l’unica sua qualità è stata quella di affossare un brand che ha fatto la storia dell’abbigliamento in Italia, allora quell’azienda merita di fallire, senza sprecare soldi dei contribuenti seguendo il modello assistenzialista che ha tenuto in vita artificialmente aziende fallite da decenni come la Fiat (che sta per fallire nuovamente assieme a tutto il carrozzone Stellantis). Conbipel (o meglio lo “straniero”) mungerà soldi dei contribuenti per qualche anno e poi chiuderà definitivamente. Allora perchè prolungare l’agonia e lo sperpero di denaro pubblico?
FAUSTO
2 Novembre 2024 at 10:58
Dispiace molto per chi ci lavora. Ci ha lavorato un familiare come commessa circa 15 anni fa nelle Marche. Referenti di sedi ed ispettori poco competenti. Responsabilità date non per competenza ma per conoscenze. Cronaca di una morte annunciata. Dispiace molto.