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L’ultimo editoriale di Giuliano Ramella “Noi vecchi, raggrumati nei luoghi di sofferenza”

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L’ultimo editoriale di Giuliano Ramella pubblicato su la Nuova Provincia di Biella sabato 15

Ci trovi raggrumati nei luoghi di sofferenza, di pena.  L’ospedale, le anticamere degli ambulatori in interminabili attese, le case dell’eterno riposo.  Spesso soli, sostenuti da qualche congiunto i più fortunati, dall’affetto mercenario di badanti i più ricchi.
Siamo i vecchi, quelli che il linguaggio corrente definisce anziani e una sociologia goliardica idiota e beffarda diversamente giovani.  Siamo uomini e donne, più donne perché gli uomini sono fragili, e lo siamo diventati, vecchi, non solo per l’incalzare dell’età ma per effetto del vuoto che si è creato intorno a noi a causa di malattie del corpo e della mente nel momento in cui è divenuta pesante, talora insopportabile, la fatica di vivere.  Gli amici o sono morti o, presi dai nostri stessi problemi, si rinchiudono nel nostro stesso bozzolo. Partecipiamo a molti funerali per l’ultimo saluto a qualcuno che ci è stato caro, ma anche per osservare quello che sarà il nostro e la sincerità del cordoglio dei partecipanti.  Nessuno ci cerca più, non serviamo anzi siamo d’impaccio, il memento di un futuro che tocca tutti e che nel lasciamoli in pace in qualche modo si esorcizza.

 I parenti ci hanno sistemati nelle case per vecchi, nelle nostre case con l’ausilio di badanti, nella propria casa per affetto ma anche perché le rette dei ricoveri sono un lusso per abbienti e una pensione ancorché modesta in arrivo si rivela preziosa, fondamentale per il menage familiare.  Se l’ambulazione ce lo permette frequentiamo i giardini nella speranza di incontrare qualcuno di noi a cui infliggere, e da cui farsi infliggere, l’ennesimo racconto della nostra vita e dei nostri mali che i congiunti non sopportano più.   Soli, in compagnia di un cagnino che diventa l’ultimo grande amore disinteressato ed l’occasione per qualche forma di socializzazione.  Guardiamo i bambini perché nei loro sguardi trasparenti, nei sorrisi puliti e nella gioia  dei loro gridolini vediamo tutta quella vita che a noi non tocca più.  Lo facciamo con prudenza e discrezione perché il nostro bisogno di guardare la vita e la bellezza dei piccoli qualche volta viene interpretato come l’interesse di un orrendo orco pedofilo da aggredire o svergognare in pubblico.  La lotta quotidiana con le nostre deiezioni incontrollate e incontrollabili ci riempie di vergogna e umiliazione, mentre la pubblicità dei pannoloni ci rappresenta come allegri e dinamici turisti in esotiche e solari località.  
Ci dicono pensa positivo e noi ci proviamo sperando che domani, se ci sarà, sia un altro giorno.
giulianoramella@tiscali.it

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