Attualità
Inchiesta del “caro estinto”, Giglio Tos & Cattai assolta con formula piena dalla Corte d’Appello
BIELLA – Dopo cinque anni finisce l’incubo dell’impresa funebre Giglio Tos & Cattai, rimasta invischiata nell’indagine del “racket dei funerali”. E finisce nel migliore dei modi: assoluzione con formula piena, perchè per la Corte d’Appello di Torino “il fatto non sussiste”.
Per Roberto Giglio Tos, originario di Chiaverano, 49enne all’epoca dei fatti, è una bella soddisfazione, anche dal punto di vista morale.
«Sapevo che la verità sarebbe emersa – sono le sue parole -, ora voglio solo ringraziare tutte quelle persone che ci sono rimaste vicine e hanno creduto nella nostra innocenza, sapendo che persone siamo e mantenendo immutata la stima nei nostri confronti. Ringrazio anche la “Nuova Provincia”, che all’epoca fu l’unica a darci l’opportunità di chiarire e fornire la nostra versione dei fatti».
All’imprenditore rimane l’amaro in bocca per le persone che, invece, li hanno condannati prima ancora che fossero processati.
«Tanti colleghi purtroppo ci hanno dato addosso – chiarisce Giglio Tos – e questo ci ha fatto male. La parte più brutta di tutta questa storia è stata proprio sentirsi screditati sui social».
L’impresa biellese era finita nel tritacarne nell’ambito della più ampia inchiesta sul “Caro estinto”, coordinata dalla Procura di Ivrea e condotta dalla Guardia di Finanza. Sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti erano rimasti quattro dipendenti degli obitori di Ivrea e di Cuorgnè e una decina di imprenditori del settore delle onoranze funebri.
L’azienda biellese era stata soltanto sfiorata – l’episodio contestato era uno solo -, ma tanto era bastato per far scattare l’accusa di corruzione, che in primo grado aveva portato a una condanna a 8 messi, ora ribaltata in appello.
«E’ nato tutto da una singola intercettazione telefonica – ricostruisce oggi dopo l’assoluzione -, nella quale avrei chiesto all’addetto dell’obitorio dell’ospedale di Cuorgnè se mi faceva la cortesia di fare i documenti in comune. Avevo solo domandato come funzionava e lui mi aveva risposto “50 euro di uscita salma al comune più due marche da bollo da 16 euro per il trasporto”. A quello avevo risposto “vabbè e qualcosa per il tuo disturbo”. Questa frase, interpretata come una mazzetta, è stata poi chiarita e capita in sede di processo d’appello. E’ proprio vero che le telefonate possono sempre essere interpretabili».
Fin dall’inizio Giglio Tos si era professato innocente, ma aveva anche sostenuto l’azione della Procura: «Noi per primi – aveva dichiarato in un’intervista all’epoca – ci siamo sempre schierati contro chi contatta i clienti in ospedale e nelle strutture. Su questo argomento abbiamo anche fatto della pubblicità, per consigliare a tutti di fare attenzione».
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