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In ricordo dell’indimenticabile Giuliano Ramella

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Un anno fa, il 19 ottobre dello scorso anno, Giuliano Ramella ci lasciava. Oggi vogliamo ricordarlo dalle pagine in cui analizzava lucidamente fatti di cronaca e politica; e ne scriveva con precisione chirurgica, cultura del contesto e grandi doti letterarie ma, soprattutto, senza paura di nessuno. Amava definirsi, con le parole di Arouet e molta autoironia, un “gazzettiere”; ma con Voltaire condivideva anche la capacità di rimettere tutto in discussione senza porsi il problema di criticare il potente di turno e alienarsene i possibili favori. Cosa che al suo collega settecentesco costò la galera e a lui, fortunatamente, solo un po’ di nemici (il più delle volte di scarso spessore).

Un anno fa, il 19 ottobre dello scorso anno, Giuliano Ramella ci lasciava. Oggi vogliamo ricordarlo dalle pagine in cui analizzava lucidamente fatti di cronaca e politica; e ne scriveva con precisione chirurgica, cultura del contesto e grandi doti letterarie ma, soprattutto, senza paura di nessuno. Amava definirsi, con le parole di Arouet e molta autoironia, un “gazzettiere”; ma con Voltaire condivideva anche la capacità di rimettere tutto in discussione senza porsi il problema di criticare il potente di turno e alienarsene i possibili favori. Cosa che al suo collega settecentesco costò la galera e a lui, fortunatamente, solo un po’ di nemici (il più delle volte di scarso spessore).

Giuliano era così, un personaggio controverso e geniale; difficile il compito di descriverlo in poche righe.
Lo conobbi negli anni ’70, nei gruppi giovanili spontanei nati nell’ambito della sinistra extraparlamentare; già allora lo ricordo pieno di idee ma sempre articolato nelle sue proposte, basate su una non comune attitudine all’analisi e una visione concreta, del presente e del futuro. E se pensate che queste affermazioni siano esagerate e facilmente attribuibili a una persona che non è più tra noi (e che dunque nessuno si sognerebbe di criticare), vi dico che i fatti dimostrano che non è così.

In una città che ha commesso scempi urbanistici che urlano vendetta al cospetto di Dio, che ha distrutto trenini e dimore storiche; che ha alienato spazi verdi favorendo cubi di cemento; che ha ceduto ai ricatti dei mercanti nel tempio in cambio di un piatto di lenticchie, Giuliano, come assessore alla cultura negli anni ’80 volle e realizzò, cosa tutt’altro che facile e scontata, il Museo del territorio nel posto migliore: il Chiostro di San Sebastiano, assicurandone così una ristrutturazione coerente. Dell’ente fu anche, in tempi recenti, presidente.  Quale altro amministratore, negli ultimi trent’anni, può vantare un risultato di tale valore storico/culturale?

Sempre negli anni ’80 ebbe poi un’altra grande idea, tanto intelligente quanto visionaria; creare un museo tessile nei locali degli ex Lanifici Sella, culla biellese di quelle lavorazioni che determinarono il successo dei nostri prodotti tessili nel mondo.
Su questo secondo progetto, purtroppo, ebbe contro alcuni che non l’avevano capito; primo tra tutti il sottoscritto che, su quella proposta, lo mandò “sotto” in comune, affossando un’idea che meritava molto di più. Non ho rimpianti, avendo avuto modo di ammettere il mio errore con lui, anni dopo. E lui, da politico attento, comprese le ragioni che allora, come segretario di un partito di opposizione, mi imposero quella strategia.

Ultimamente era diventato forse un po’ troppo ermetico nei suoi scritti, segnalando di aver capito molte cose nella vita ma di aver perso un po’ la motivazione a condividerle con gli altri.
Complice anche la malattia che, prematuramente, l’ha sottratto all’affetto dei suoi cari e alla comunità biellese.
Paolo Mander

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