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Di cannabis non è mai morto nessuno

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Leggendo il gran clamore che ha accompagnato l’apertura del secondo cannabis store a Biella (ne esiste già un altro, da un paio di mesi, a poche decine di metri di distanza), avevo pensato fosse l’ennesima manifestazione del provincialismo, di noi biellesi, verso le novità “particolari”. Facendo una rapida ricerca in rete, invece, in moltissime province italiane si è riscontrata analoga attenzione verso questi nuovi negozi. E’ bene precisare che non ci avviciniamo, minimamente, ai coffeshop olandesi o ai “cannabis club” catalani perché, in Italia, la legge non permette di vendere la canapa e i suoi derivati con tassi di componente psicoattiva (il THC) superiore allo 0,4% e, quindi, il paragone è improprio. Non siamo neppure a un punto di svolta legislativo visto che la maggioranza del Parlamento italiano ha affossato, un mese fa, la proposta trasversale di legalizzazione della cannabis (in tutte le sue forme) avanzata da un intergruppo eterogeneo ma molto numeroso.
Quello che possiamo trovare in questi negozi è quindi una varietà di canapa contenente CBD (ovvero il cannabidiolo) in percentuale intorno al 4% che ha solamente effetti sedativi e non, appunto, psicoattivi; in poche parole non “sballa” come invece possono fare la marijuana e l’hashish vendute in Olanda o autoprodotte e scambiate nei club catalani. In Italia dopo diversi anni è stato, finalmente, riconosciuto l’utilizzo della cannabis a fini terapeutici ma non per quelli ludici. Se – come sostengono i giovani imprenditori che stanno lanciando i cannabis store in tutta Italia – questi negozi serviranno da stimolo per adeguare la legislazione alle domande della società – anche per l’utilizzo della cannabis a fini ludici – è ancora presto per dirlo. Ma sarebbe la dimostrazione che la società è più avanti della politica anche in questo caso.
In Italia si calcola che il mercato illegale legato ad hashish e marijuana sia tra il 4 e i 9 miliardi di euro l’anno (circa lo 0,3-0,6% del PIL) e che i consumatori occasionali o abituali siano circa 5 milioni. Fino a quando rimarrà proibita la sua vendita e la sua (auto)produzione i soldi continueranno a finire, direttamente, nelle tasche delle mafie, alimentando il mercato nero, lo spaccio e l’illegalità.
Guardando le foto dell’inaugurazione di sabato dello store in Riva è evidente che la legalizzazione non riguarderebbe solo giovani “sballoni” con i capelli lunghi – come certa retorica proibizionista ci ha fatto credere in questi anni – ma uomini e donne di tutte le età, molti anche con i capelli bianchi e con figli e nipoti a carico. A dimostrazione dell’uso di massa e della sua non pericolosità sociale (sempre che un capellone lo possa essere!). Un fenomeno di amplissime proporzioni, oggi in mano alla malavita con tutti i rischi collegati (anche rispetto a ciò che viene consumato), che solo uno Stato irresponsabile può pensare di rinchiudere in carcere (come prevedeva la legge Fini-Giovanardi) e non vedere.
Non so quali forze politiche avranno l’intelligenza di proporre, nell’imminente campagna elettorale, la legalizzazione della cannabis ma, sicuramente, anche questo potrebbe essere un valido discrimine per indirizzare il proprio voto.

Leggendo il gran clamore che ha accompagnato l’apertura del secondo cannabis store a Biella (ne esiste già un altro, da un paio di mesi, a poche decine di metri di distanza), avevo pensato fosse l’ennesima manifestazione del provincialismo, di noi biellesi, verso le novità “particolari”. Facendo una rapida ricerca in rete, invece, in moltissime province italiane si è riscontrata analoga attenzione verso questi nuovi negozi. E’ bene precisare che non ci avviciniamo, minimamente, ai coffeshop olandesi o ai “cannabis club” catalani perché, in Italia, la legge non permette di vendere la canapa e i suoi derivati con tassi di componente psicoattiva (il THC) superiore allo 0,4% e, quindi, il paragone è improprio. Non siamo neppure a un punto di svolta legislativo visto che la maggioranza del Parlamento italiano ha affossato, un mese fa, la proposta trasversale di legalizzazione della cannabis (in tutte le sue forme) avanzata da un intergruppo eterogeneo ma molto numeroso.
Quello che possiamo trovare in questi negozi è quindi una varietà di canapa contenente CBD (ovvero il cannabidiolo) in percentuale intorno al 4% che ha solamente effetti sedativi e non, appunto, psicoattivi; in poche parole non “sballa” come invece possono fare la marijuana e l’hashish vendute in Olanda o autoprodotte e scambiate nei club catalani. In Italia dopo diversi anni è stato, finalmente, riconosciuto l’utilizzo della cannabis a fini terapeutici ma non per quelli ludici. Se – come sostengono i giovani imprenditori che stanno lanciando i cannabis store in tutta Italia – questi negozi serviranno da stimolo per adeguare la legislazione alle domande della società – anche per l’utilizzo della cannabis a fini ludici – è ancora presto per dirlo. Ma sarebbe la dimostrazione che la società è più avanti della politica anche in questo caso.
In Italia si calcola che il mercato illegale legato ad hashish e marijuana sia tra il 4 e i 9 miliardi di euro l’anno (circa lo 0,3-0,6% del PIL) e che i consumatori occasionali o abituali siano circa 5 milioni. Fino a quando rimarrà proibita la sua vendita e la sua (auto)produzione i soldi continueranno a finire, direttamente, nelle tasche delle mafie, alimentando il mercato nero, lo spaccio e l’illegalità.
Guardando le foto dell’inaugurazione di sabato dello store in Riva è evidente che la legalizzazione non riguarderebbe solo giovani “sballoni” con i capelli lunghi – come certa retorica proibizionista ci ha fatto credere in questi anni – ma uomini e donne di tutte le età, molti anche con i capelli bianchi e con figli e nipoti a carico. A dimostrazione dell’uso di massa e della sua non pericolosità sociale (sempre che un capellone lo possa essere!). Un fenomeno di amplissime proporzioni, oggi in mano alla malavita con tutti i rischi collegati (anche rispetto a ciò che viene consumato), che solo uno Stato irresponsabile può pensare di rinchiudere in carcere (come prevedeva la legge Fini-Giovanardi) e non vedere.
Non so quali forze politiche avranno l’intelligenza di proporre, nell’imminente campagna elettorale, la legalizzazione della cannabis ma, sicuramente, anche questo potrebbe essere un valido discrimine per indirizzare il proprio voto.ù

Roberto Pietrobon

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