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Ciao Paoletta non smettere mai di sorridere

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Ciao Paoletta non smettere mai di sorridere.

Il ricordo di Paola Tescari

Il ricordo di Paola Tescari morta ieri, mercoledì, (approfondisci qui la notizia) a 51 anni stroncata da un tumore al cervello.

Ci sono persone speciali che non moriranno mai. Paola è una di loro. Lei rimarrà sempre nel cuore e negli occhi di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerla. Con il suo sorriso dolce, caldo, rassicurante. Con i suoi occhi sinceri, cristallini e incredibilmente vivi. Con i suoi modi pacati, compassati ma allo stesso tempo pungenti e ironici e con quella determinazione, forza e coraggio da leonessa capace di superare ogni avversità. Un esempio per tutti.
Ogni volta che ho incontrato Paola sono stata affascinata da lei. Il primo approccio è avvenuto circa un anno e mezzo fa ed è durato meno di un minuto. Ma lo ricordo come fosse ora. Era già malata. L’ho conoscita a casa del fratello. Mi sono fermata sulla porta e sono rimasta colpita e non nascondo un po’ intimorita dalla sua bellezza e dalle sue movenze. Ha sfiorato con una mano i capelli castani, acconciati in una piega un po’ mossa, mostrando tutta la luce dei suoi occhi azzurri e del suo viso leggermente ambrato. Si è presentata con poche parole e un sorriso, in un modo molto semplice, elegante e sudente. Non mi sono intrattenuta perchè avevo un impegno. Allontanandomi ho temuto di perdere l’occasione di conoscere una persona interessante. Nei giorni e nei mesi successivi fortunatamente l’ho rivista e sono stata rapita da suo modo d’essere. Era inevitabile. La sua bellezza esteriore era soltanto la punta dell’iceberg.
La vita con Paola è stata a tratti spietata. E vero, ha trascorso anni felici, ma anche lunghi periodi tosti, durissimi. Di quelli che lasciano segni indelebili nella carne ma soprattutto nello spirito. Ha però sempre portato i suoi fardelli con grande dignità. Alzando la testa ogni volta, guardando avanti, fiduciosa di superare sempre le burrasche più violente e trovare alla fine la quiete e la felicità metritate. Non l’ho mai vista piangersi addosso o scoraggiarsi, nè tanto meno cercare compassione negli altri. Un giorno parlando del più e del meno le chiesi cosa le sarebbe piaciuto fare. Insomma, come immaginava il suo futuro. “Vorrei tanto andare via da Biella – rispose -lontano da questo luogo dove ho sofferto tanto. E ricominciare daccapo. Mi piacerebbe ristrutturare un vecchio casale e trasformarlo in un grazioso alberghetto. Un’attività tutta mia nella quale poter mettere a frutto le mie capacità. Sto passando un momento terribile che ha stravolto totalmente la mia vita e quella delle persone che mi sono vicine ma lotterò con tutte le forze per uscirne. Ho ancora tanta voglia di fare, tante idee, tanta energia. Devo guarire, sconfiggere il cancro una volta per tutte per poter trovare la felicità e la serenità nelle piccole cose di ogni giorno“.
Un altro sogno un po’ più frivolo, spicciolo e immediato era quello di “sorseggiare un buon bicchiere di vino, mangiare un po’ di cibo “proibito”, la cioccolata, e fumare una sigaretta – diceva -. Ma a cuor leggero, senza provare dopo quei maledetti sensi di colpa“. Parole toccanti, che fanno riflettere. Nonostante, infatti, i medici non le abbiano dato speranza di guarire dal “mostro” che albergava nel suo corpo, un tumore al cervello, lei non ha mai perso la fiducia e la voglia di lottare. Il gusto, la creatività e l’entusiasmo erano il suo motore. Aveva una predisposizione naturale per il bello e una sensibilità eccezionale, palpabile in ogni cosa che faceva. Il rapporto con il fratello Mamo, poi, era davvero speciale. Con lui viveva in simbiosi perfetta, un’intesa che solo le persone che hanno condiviso esperienze forti, alcune molto spinose e altre molto belle, possono maturare nel tempo. Era un piacere vederli duettare insieme. Affiatati, lesti, scoppiettanti e incredibilmente spontanei nello scambio di battute che sembravano uscire da un brillante copione comico affinato nel tempo. Forse una sorta di ribellione di fronte all’angoscia, alla tristezza e alla malinconia della vita. Sicuramente amore reciproco, qullo vero.
Paola adorava i bambini. Non ne ha avuti di suoi ma ne aprezzava la purezza e la spensieratezza. Appena poteva trascorreva il suo tempo con i nipotini Alessandro ed Emma. Quelle ore per lei erano gioia, leggerezza ed evasione benefica. Un modo per ricaricacare le pile e affrontare con forza rinnovata le cure e le continue trasferte negli ospedali.
Sapeva ridere e ironizzare quando snocciolava uno per uno i suoi difetti ed era una fonte inesauribile di racconti fantastici, grotteschi, quasi inverosimili legati alla sua gioventù. Non me ne vorrà se ne svelo uno dei tanti. Mi vengono ancora le lacrime agli occhi ad immaginarla in un bidone della spazzatura con le foglie di insalata e le bucce di mela tra i capelli… Eh si, perchè una volta è riuscita a perdere le chiavi dell’auto in un cassonetto dell’immondizia. Per cercare di recuperarle è scivolata dentro e non è più riuscita ad uscire. Ad accorgersi di lei un anziano che passava da quelle parti di buon mattino. Paola, con disinvoltura ha attirato la sua attenzione per farsi dare una mano. Stupito e incredulo l’uomo le ha chiesto cosa diavolo stesse facendo in quel posto. Ironica e sempre con la battuta pronta non ha esitato un attimo. “J sun talment bruta – ha detto – chi j-an campame via”.

Ciao Paoletta, aspettami che abbiamo da raccontarci ancora un sacco di cose. E tieni pronta la tua parrucca migliore, io ne ho comperata una davvero fantastica. Faremo festa. Promettimi di non ridere quando mi vedi… Anzi, no, non smettere mai. Ci sono persone che continueranno a vivere per il tuo meraviglioso sorriso. Ti voglio davvero bene.
Elisabetta Ferrari

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